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272 parte seconda - capitolo vi


Alcuni venivano a congratularsi con me; ed io diceva loro: «Per caritá, non mi tormentate con queste voci: mio cognato non è ancora tornato da Caserta, mio marito è ancora in cappella: come è venuta questa grazia?» O mio Luigi, che dolore sentimmo a sapere che voi eravate ferrati e vestiti dei panni del fisco! La gente piú cresceva in mia casa: tutti facevano compagnia al nostro dolore. Una impareggiabile signora estera rimase in mia compagnia per molte ore. Oh come grondavano di lacrime i suoi occhi! Mi prendeva le mani ed esclamava: «Povera amica mia sventurata; come sento il vostro dolore!»

Verso il mezzodí ti mandai quella letterina ed i figli ti scrissero anche essi. Sentimmo che i giudici si erano riuniti in casa dell’empio presidente Navarra per quel rescritto che tu sai. Intanto il giorno si avanzava, i palpiti crescevano, nulla di positivo si vedeva, se non grande desiderio in tutti di vedervi presto fuori pericolo di morte.

Mentre cosí stavamo giunse un foglio scrittomi da Michele Pironti e Carlo Poerio dicendomi le seguenti cose:


 Stimatissima e venerata signora Raffaella,

Qui sono giunte notizie di dolorose perplessitá in cui vi hanno gettate notizie contradittorie; io mi affretto a scrivervi per liberarvene. Qui non vi ha nulla di mutato da ieri, è falso che siasi data nessuna disposizione, anzi il mio carissimo e diletto Luigi con Filippo e Faucitano poco fa li abbiamo veduti, e tutto predice che in breve li riabbracceremo tra noi. La signora Dono sará giá da voi; se non ancora è giunta vi dò la notizia della principessa Torchiarolo, cioè che la grazia è giá fatta.

Vivete di buon animo, infelice e generosa donna, io spero vedervi ben tosto presso il mio dolcissimo amico. Un bacio ai cari ragazzi e credetemi

vostro dev. ed affez. servo
Michele Pironti.