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parte terza - capitolo xxxi |
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Il tagliar d’una spada
apremi le palpebre,
e una voce m’interroga: «Che vedi?»
«Una spada rovente
in questo universale tenebrore
splender sinistramente».
«Or ch’hai veduto, credi.
La spada del dolore
è il solo ver che esiste in mezzo al niente.
Quella che chiamano — luce di scienza
è breve tenue — fosforescenza
che delle lucciole — sta sotto l’ale.
Perché la dicono — luce immortale?
«La parola creava
un mondo, e il colorava.
Ed essa d’ogni cosa
è la sustanza ascosa,
il nocciolo del frutto
che vietato e gustato
produsse tanto lutto.
«Cosí gli uomini sciocchi
credettero con gli occhi
proprio di vedere
le ragioni immortali
e de’ beni e de’ mali.
Ma fu solo un parere
fu un’eco ripercossa
a cui dier polpa ed ossa.
«Il vero è tutto buio,
e non ha alcun colore,
come il tempo continuo
non distinto per ore
né altro se ne sente
che il dolore del niente.
Questa vostra ragione
s’affatica s’affanna
con un bocciuol di canna
far bolle di sapone:
che vaganti, tremanti,
infine si disciolgono