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144 parte terza - capitolo xliv [430]


Colonna. Le notizie serviranno non solo per me ma per i compagni che vorranno lá stabilirsi. Io e Silvio ritorneremmo subito: gli altri forse rimarrebbero.

Al momento ho avuto da Ventotene una geografia, e forse dimani avrò un atlante: però non incaricarti di mandarmi né l’uno né l’altra.

Io credo che tuo nipote ti ha detto questa cosa col fine di sapere se noi l’accettiamo. Per me puoi dirgli che io l’accetto, e credo che molti anche condannati a’ ferri l’accetteranno, salvo pochi, che per mala salute non reggerebbero a sí lungo viaggio. Gigia mia non ci è altro mezzo per uscire di questi affanni: le chiacchiere degli esuli e dei giornali non hanno alcun peso per me, non mi fanno sperare un mutamento nella condizione del nostro paese, almeno per ora: il contegno della Francia è dubbio, dell’Inghilterra è imbarazzato: noi siamo gente disfatta, chiacchieroni, eroi in poltrona, come diceva il Giusti, incapace di operare fortemente e da noi: la rivoluzione è un sogno per ora, che si può sperare? Fuggire, e non altro che fuggire di qui. Ci si offre questo partito: accettiamolo per la meglio. Ci riuniremo in altra terra d’Italia, e quivi, o Gigia mia, avremo un po’ di pace dopo tanti dolori. Sta dunque di buon animo, che dopo un dieci mesi ci riuniremo a Genova, e quivi saremmo col nostro carissimo figliuolo. Quivi potremo avere spesso notizie e lettere della nostra Giulia, e forse anche vederla talvolta. Basta, aspettiamo che si conchiuda e si stabilisca, e si pubblichi la cosa, e allora parleremo del resto.