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XLV
(Possibile esilio. Il murattismo).
Santo Stefano, 8 dicembre (1856).[1]
Stamane è venuto Aglietiello[2], e m’ha portata la tua cara lettera. Hai fatto benissimo a rispondere come hai risposto al padron di casa. Io non voglio grazia, ubbidirò alla forza e anderò in America. Tu non hai bisogno di dimandarmi se hai fatto bene, perché sei generosa, e sai come io penso, e quanto io stimo la nobile anima tua. Qui molti altri hanno avuto lettere da diverse parti e da diverse persone, le quali tutte vorrebbero consigliare a chieder grazia. Io ho detto che in questa cosa non consiglio né sconsiglio nessuno: ognuno faccia quel che gli pare, e come gli pare. Si è scritto ancora che è stata fatta grazia a venti condannati politici che sono in Procida e ne abbiamo avuti i nomi scritti in un notamento. Si assicura persino che Cappa e Marrelli, sono stati aggraziati e sono liberi, e che forse sará aggraziato anche Poerio. Io credo che in tutto questo ci sia dell’esagerazione, e rimango nella mia fredda indifferenza, aspettando di credere quando vedrò i fatti.
Dirai a Cesare[3] che per mezzo sicuro farò capitare a te la risposta per lui. Abbiamo letta e discussa la sua lettera con Silvio, il quale si è incaricato di rispondere, ed ha giá scritto le sue e le mie idee sul proposito: e fra giorni ti manderò ogni cosa.
Ho saputo da Ventotene la venuta di Moccia in Napoli, il suo scopo, le sue pratiche, il modo come taluni l’hanno
| L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - ii. | 10 |