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194 parte terza - capitolo lxxi [480]


occhi, e piglio sonno con gli occhiali sul naso. Penserò dunque a questo povero straccio di corpo, e quando l’avrò affermito un poco, baderò allo spirito, e alla lingua inglese. Tanto piú che ora la galera continua, e non si parla altro che della galera, perché di altro non si sa né si può parlare. Nessuno si avvicina a noi, e siamo soli in mezzo alle acque, trattati bene sí, ma ancora prigionieri. Io ardo del desiderio di porre piede a terra e darmi a correre solo, solissimo per le campagne, e sentirmi libero: e non mi par vero ancora che potrò ottenere questo bene. Quando sarò libero, allora ti scriverò a lungo perché avrò che dirti e che contarti. Penso sempre a te, o mia diletta; la tua cara immagine mi sta sempre innanzi la mente e dentro l’anima mia, e vagheggio l’avvenire quando potremo essere insieme, e contarci i nostri dolori. Come stai, o Gigia mia? che fai? che pensi? Forse tu credi che sto per giungere in America, ed io sto in una rada a vista di una cittá che chiaman Cadice, e di molti altri legni, e prigione sopra un piroscafo napolitano. Quando ci rivedremo? quando rivedrò il caro nostro Raffaele? Ho sofferto dieci anni, bisognerá tirare un altro paio di mesi: e dipoi sarò libero. Pazienza adunque, pazienza.

Che fa la nostra Giulia, e come sta? e la sua bambina? Io mi ricordo che quando tu mi mostravi cotesta bella bambina, le dicevi sempre: «Vedi il nonno, vedi il nonno», e ripetevi quel benedetto nonno tante volte, quasi per volermi far ricordare bene che sono nonno, e temendo che in un viaggio cosí lungo, e in un paese cosí lontano io non avessi a dimenticarmi di esser nonno. E ci è stata un po’ di vendetta dalla parte tua, che tu ti sei sentita chiamar nonna, ed io no, e tu in poche ore hai voluto fare a me una girata di tutti i nonni che sono stati dati a te. Io ho notato ogni cosa, ed ora che sono oltre a mille miglia lontano da te, e senza paura di sentirmi ricantare quel nonno, te n’ho voluto scrivere, per mostrarti ancora che di animo sto tranquillo, di corpo bene, e penso sempre a te, ed alla Giulia nostra, e ad Errico, ed a tutti.