Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/21

Da Wikisource.
[301] l'ergastolo 15


Ritorna il giorno, e ritornano i suoi dolori, e l’un giorno non è diverso dall’altro. Sempre ti stanno innanzi gli stessi oggetti, gli stessi uomini, gli stessi delitti, le stesse azioni. Ogni giorno primamente ti si porta un pane; poi una porzione di orride fave o di arenosa pasta; che molti prendono cruda e poi cuocciono essi stessi con miglior condimento, poi cinque grani ai soli condannati all’ergastolo. Due volte il mese ti si dá un pezzo di carne di bue: son due giorni di festa, in cui si beve piú vino, e si fanno piú delitti. Quando il mare non è agitato vengono alcune donne da Ventotene: portano a vendere pesce e verdura, e comperano il nero pane dei condannati col quale sostengono sé stesse e i loro figliuoli. Tanta miseria è in quell’isola, che di lá si viene a spendere nella taverna dell’ergastolo. Sebbene il continente sia poco lontano, pure raramente vengono barche, e se vengono ed approdano a Ventotene, non sempre si può traversare il canale su i battelli e venire a Santo Stefano, dove spesso si manca anche del necessario alla vita. Anche piú raramente hai lettera o novella della tua famiglia. Ogni lettera che ricevi o mandi deve essere letta, ogni oggetto rivolto e ricercato per ogni parte. La prima lettera che io ebbi, e che io tanto avevo aspettata, mi strappò molte lagrime, e mi rendette convulso per piú giorni. Io serbo ancora quella prima lettera, unita ad un’altra della mia figliuola Giulietta che mi fu conceduta di tener caramente stretta in mano durante quei due giorni che io stetti condannato a morte in cappella; perché mi pareva che tenendola in mano io sarei morto abbracciando e benedicendo i miei figliuoli. Qui dunque si vive a discrezione de’ venti e del mare, divisi dall’universo, e sofferendo tutti i dolori che l’universo racchiude.