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[519] difesa di luigi settembrini 233


Ma chi odia fortemente non si stanca mai: io riposava sicuro della mia coscienza, e v’era chi non riposava per perdermi, per farmi comparire non solo settario, ma consigliatore di assassinii; per tormi non solo la pace e la libertá, ma la vita ancora e l’onore. Ma l’onor mio non è in mano de’ miei persecutori; io difendo la mia causa, il mondo dia l’infamia a chi si appartiene.

CAPO III

processo dell’esplosione innanzi la reggia il 16 settembre 1849 — sevizie — giudizio di ricusa — ricorsi per eccezioni d’incompetenza.


Stava io pazientemente nel carcere di Santa Maria Apparente quando il giorno 29 ottobre 1849 fui chiamato dall’ispettore di polizia signor Primicile Carafa, il quale con una di quelle solite bugie che sono le cortesie che fa la polizia per non ispaventar la gente, dissemi che il prefetto voleva parlarmi; e senza darmi tempo nemmeno di mutar panni, cosí come era vestito mi fe’ salire in carrozza e mi condusse in Castel dell’Ovo, dove fui chiuso solo in una stanza, e mi furono rasi villanamente quei pochi e modesti peli che io portavo alle gote. Seppi che dopo di me vi fu condotto anche l’egregio mio amico signor Filippo Agresti, che poi vidi rinchiuso in orrida spelonca incavata nel sasso, buia, e sozzissima per un cesso dove gettavansi i vasi immondi degli altri prigionieri. Esule diciotto anni, era tornato in Napoli in febbraio 1848, fu arrestato in marzo 1849, ed è ancora mio compagno d’infortunio. Io sapeva che la polizia pochi giorni innanzi per uno di quegli arbitrii che sono indorati col nome di misure amministrative, dalle prigioni di Santa Maria Apparente aveva tramutati nella Vicaria i signori Trincherá, Cammarota, Nisco, Guadagno; che di notte aveva balestrati in castel Sant’Elmo il Leopardi, il Dragonetti, il Pica, il Barbarisi, l’Avossa, lo Spaventa; che il Poerio ed il Pironti erano stati condotti in Castel dell’Ovo: onde io credeva che per una simile misura fossi stato ivi condotto anche io. E credeva, come credo e sono certo, che di tutti questi trabalzamenti eran cagione le calunnie di un delatore carcerato, che mi odiava perché io lo conosceva, lo sprezzava, e quando io