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[521] difesa di luigi settembrini 237


prove incontrastabili» e dopo tre dimande finisce cosí. «I tristi congiurati a commettere delle nuove rivoluzioni non che progettarsi in tradimento per uccidere il prefetto della polizia, e il degno magistrato della presidenza criminale». Chi conosce l’Almeyda lo ascolta parlare. Nondimeno io non intendo di offendere quell’egregio uomo, e cortesissimo verso di me, e che io pregio altamente, ma voglio indicare chi lo spingeva a questi atti e in quale modo fu fatto il processo.

Il procuratore generale credè che questo processo fosse piccola cosa, e piccolo il numero di ventisette persone; onde raccolse tutti i processi dell’Unitá italiana, nei quali si leggono accusate di setta piú di dugento cinquanta persone, e tra i presenti ed arrestati ne sceglie quarantadue, e contro tutti i quarantadue scaglia un’accusa di morte, e chiede che il giudizio si faccia dalla corte criminale con rito speciale, cioè con procedimento piú breve, senz’appello, e la decisione si esegua tra ventiquattr’ore. Dopo quest’atto d’accusa ne seguirono tre altri simili, l’uno contro quindici poveri contadini di Gragnano1 il secondo contro dodici popolani del mercato2, il terzo contro 57 persone imputate di aver fatto una dimostrazione il 29 gennaio 1849 per festeggiare l’anniversario della costituzione. Cosí in poco piú di un mese il procurator generale Filippo Angelillo chiede umanissimamente la morte di cento sei uomini.

Essendo ancor segreta l’accusa fummo chiamati a costituto innanzi la corte criminale. Allora quelli che avevano patito, parlato o scritto, narrarono i loro tormenti, dissero le suggestioni, le minacce, le lusinghe avute, ritrattarono quello che avevan detto nella prima istruzione. Gl’imputati Poerio e Pironti dissero che

  1. Di questi poveri contadini sette furono condannati al terzo grado dei ferri, e sono stati subito mandati in galera: gli altri sono ancora in carcere.
  2. La causa di questi popolani è stata fatta l’altr’ieri. Compariscono loro accusatori i soliti denunzianti pagati, fra i quali il sozzissimo Ardissone. Si è scoperto che si comperarono cinque testimoni per trentacinque grana l’uno. Il procurator generale, che lanciò un’accusa di morte contro tutti dodici, ha dovuto nella requisitoria orale chiedere libertá per sei, pena di prigionia per gli altri sei. La corte ha deciso libertá per undici, cinque anni di prigionia per un solo convinto di aver parlato contro il re. Il Tempo parlerá della giustizia con cui si fanno le cause fra noi, e fará venire a tutti il desiderio di essere accusati e giudicati a questo modo.
     Il maggiore Antonino Gaston, di 62 anni, di animo e di cuore ottimo, accusato a morte per aver parlato male del papa e del re, è stato liberato con decisione di costa che non dopo otto mesi di prigionia.