Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/272

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sta la voce ed il giudizio di Dio. Dirò quello che ho dimandato, e come la gran corte ma l’ha negato.

Ripulsa. Io dicevo: Luigi Iervolino mio accusatore è un ribaldo denunziante che ha il soldo di dodici ducati il mese dalla polizia, come possono attestare i tali testimoni: ed essendo denunziante pagato la legge comanda che non gli si presti fede, e che non possa comparire a deporre nella pubblica discussione. La gran corte nella sua decisione mi ha risposto: «Rigetta la ripulsa, ed ordina sentirsi il testimone ripulsato, per tenersi della sua dichiarazione quel conto che merita». Il procurator generale nella sua nota dei testimoni a carico dá al Iervolino la qualitá di denunziante; la Corte lo dichiara testimone, e non vuole ascoltar me che voglio provare che è denunziante ed è pagato. E non solo il Iervolino, ma tutta quell’altra schiuma di ribaldi, che si sono confessati agenti di polizia nelle loro denunzie scritte, che il procurator generale ha detto denunzianti, sono dichiarati dalla gran corte fiori di galantuomini, testimoni che debbono udirsi; che caritá cristiana a coprirsi i difetti altrui! chi non farebbe la spia! se anche suo malgrado è dichiarato galantuomo!

Ecco le mie dieci posizioni a discolpa.

1. La polizia ha presentato un falso certificato della decisione che la commissione di stato fece sul mio conto nella causa della «giovine Italia». Io per dimostrar falso quel certificato dimandava si richiamasse quel processo; e dimandava ancora che la corte chiedesse dalla polizia i rapporti su la mia condotta politica dal 1842 al 1848. Ma la gran corte vuol credere ciecamente alla polizia, non vuol farmi provare o la falsitá del certificato o il mio errore; non vuol sapere della mia condotta politica, rigetta la posizione.

2. Io sono odiato ed accusato perché creduto sfrenato scrittore ed autore di quante stampe clandestine si sono fatte contro il governo e contro i privati. Per provare che questa posizione è falsa, quindi l’odio ingiusto, e ingiustissima l’accusa, io presentavo alcune proteste da me scritte in certi giornali, ed alcuni miei opuscoli stampati; e chiedeva si leggessero, per vedere se chi ha quei sentimenti, quelle opinioni, e quello stile possa scrivere quel sozzo proclama che a me si attribuisce. La gran corte non vuol leggere niente, non bada a stile, rigetta la posizione.

Con le seguenti quattro posizioni io intendeva provare come in tempi torbidi sono stato moderatamente sereno, e come, da