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[573] seconda difesa di luigi settembrini 287


mente ricordava; a cui aggiunse qualche sua ricordanza vaga, forse qualche cosa che aveva udito dal suo conoscente Giordano, e cosí formò quella strana lettera, che è ripiena della poesia della paura.

Questa pare una congettura, e non è che una veritá dolorosa, la quale io ho saputo dalla sua bocca, e che egli certamente non negherá. Cosí si spiega che questa lettera contiene la confessione di non saper nulla, ed il desiderio di dir molto: cosí si spiega che salta di palo in frasca, dice cose senza legame e senza pruove; cosí si spiega che non fu scritta in una segreta, dove non si può avere né calamaio né carta: cosí si spiega che innanzi all’istruttore la ratificò, ed innanzi di voi disse che egli aveva mentito, e che gli era stata suggerita dall’istruttore. No, l’istruttore non gli poteva suggerire quelle balordaggini: gli disse alcuna cosa per iscoprire il vero, ed egli ripetè queste cose come a suo modo, come se le avesse sapute, mentre le aveva udite allora. Tutto quello che ha scritto e detto il Carafa è tutto vero, ma è vero a questo modo, bisogna guardarlo da questo lato, bisogna considerarlo come una ripetizione di cose malamente apprese.

Esaminiamo questa lettera, e vediamo come essa dimostra quello che abbiamo detto, e come tutto guasti e trasfiguri.

«Nicola Nisco una sera scontrandomi per istrada mi fermò dicendomi, se io voleva far parte di una setta, della quale era capo il Mamiani: io risposi di non volerne far parte». Se drammatizzate queste parole le troverete non solo ridicole ma assurde, imperocché parlar di setta scontrandosi per istrada, rispondere con un secco no, ed andar via, son cose assurde. E poi, o signori, voi sapete che il Mamiani è un uomo venerando e dottissimo, che non è stato mai capo di setta, che sempre ha abborrito dalle sette, che fuggí da Roma quando vi si stabilí la costituente e poi la repubblica. Ora io penso e credo di appormi al vero, che il Nisco gli parlò non del Mamiani ma del Gioberti, non di una setta ma del congresso per la costituzione, che il Gioberti tenne a Torino, invitandovi tutti gli amici della costituzione: forse il Nisco invitava il Carafa di andare a Torino, forse gli disse che v’andava anche il Mamiani. Questo discorso si fa in istrada, a questo invito si risponde con un no senz’altro. Il Carafa stretto in carcere, col capo pieno delle dimande fattegli sulla setta, ricordandosi un nome illustre, scambiò il Gioberti col Mamiani, il congresso con la setta. Non si può spiegare la cosa altrimenti, se non si vuol