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[591] seconda difesa di luigi settembrini 305


per solita cautela soglion fare tra due soli, il Iervolino dice che sono accadute tra piú: per farlo settario ci volevan cinque persone: per dargli un proclama ve ne bisognavan due, bisognava che egli andasse e venisse per piú giorni. E se io aveva i proclami nello studio, come egli dice, se poteva darglieli io, perché lo mandava dal Pacifico? Il procurator generale mi risponde con una supposizione: «perché forse il Settembrini voleva ritirarne una porzione dal Pacifico». Ma come ritirarli, se si dice che io voleva spargerli? E se anche io ne aveva pochi, non ne poteva dare io anche una sola copia all’ottimo e fedelissimo Iervolino? Dunque si combatte una difesa e si cerca di confermare un’accusa con vaghe supposizioni?

Ma nel volume 15 del processo sorge un altro elemento. Gaetano Romeo nel 15 luglio confessa di avere stampato egli quel proclama quaranta giorni fa (che corrisponde proprio al 5 giugno) e per incarico dello sventurato Raffaele Crispino, il quale io non mai conobbi, e col quale io non ebbi alcuna relazione, come dimostra il processo. Della confessione di Romeo non si può in alcun modo dubitare, e deve credersi che il proclama fu stampato il 5 giugno. Or come si può credere al Iervolino, che dice essere andato dal Pacifico la sera del 2, e che il Pacifico gli disse di aver dispensati i proclami e non averne piú? Se io non dava proclami perché non ne aveva, se il Pacifico li aveva tutti dispensati ed il 2 non ne aveva piú, dunque avevan dovuto essere dispensati molto prima del 2, e molto piú prima ancora avevan dovuti essere stampati. E non vedete voi qui chiaramente che il Iervolino mentisce, che il proclama fu stampato effettivamente il 5 giugno come dice il Romeo, che non aveva interesse né volontá di mentire il tempo; che le quattro copie della tipografia del Romeo passarono nello stesso 5 in mano di qualcuno; che questo qualcuno credette che l’avessi scritto io (perché io sventuratamente ed ingiustamente sono stato creduto uno scrittore velenoso), che questo qualcuno chiamò il Iervolino, e gli comandò dire che l’aveva ricevute da me? E trasparisce il bieco pensiero dalla stessa dichiarazione di Iervolino, il quale dice che io gli diedi il proclama, non giá che io lo composi, perché un uomo della sua risma non poteva sapere questo segreto; ma fa intravedere che io l’avessi potuto scrivere, mettendo in mezzo la sua stolta congettura, che il Rondinella l’aveva stampato. E intanto quel qualcuno andava spargendo sordamente, che io n’era l’autore,

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - ii. 20