Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/327

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[607] nota 321


consiglio. Se la supplica fosse breve, ma semplice, chiara, franca, senza giri e parole avvocatesche, saria molto migliore ed efficace.

Ho voluto scrivere tutto questo, o mio egregio don Domenico, perché amo questo mio amico, e perché so che voi lo amate ed ora piú che mai vorreste che egli fosse in casa. Non mi muove altro fine che questo. E perché io amo Gennarino, amo ancora tutta la sua buona famiglia, e vorrei veder lui e voi tutti contenti.

Mi direte: e perché tu non usi per te il consiglio che dai a me? Io non posso: e non è necessario che ve ne dia le ragioni.

Quello che a voi parrá di fare potrete scriverlo a Gennarino: il quale, come vi ho detto, saprá di questa lettera quando essa sará giá partita. Se questo mezzo che vi suggerisco avrá buona riuscita; se Gennarino vostro potrá ritornare a voi, ai fratelli, e ai due orfani nipoti, che egli chiama figli suoi; se voi potrete esser tutti consolati, io sarò contentissimo e crederò di sofferire meno.

State sano, o rispettabile uomo, e vivete lungamente all’amor della vostra famiglia. Saluto Ciro ed Andrea: e bacio Marta e Ludovico come potrei baciare i miei figliuoli. Gennarino sta benissimo: mangia bene, dorme meglio: traduce bene dall’inglese, sta lieto quando ha notizie vostre: ha senno e prudenza, ed ogni giorno mi parla di voi, del padre, della madre, dei fratelli, del collegio, delle scapataggini sue, della sua Civita, dei primi anni della sua vita. In primavera ha voluto farsi una curetta depurativa, ora sta sano come un pesce. Ve lo dico per consolarvi. Vi saluto e vi prego di credermi vostro affezionato e vecchio amico

Luigi Settembrini».


L’opuscolo del Tocci Monaco contiene pure alcune commoventi lettere scambiate fra il Settembrini e il Placco, quando, imbarcato il S. per l’America, il giovane calabrese fu lasciato nell’ergastolo.

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - ii. 21