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318 nota 606


È in Napoli l’avvocato Cesare Mazzei, conosciuto in Cosenza, perché d’un paesotto lí vicino. Costui ha ottenuto per parecchi condannati politici una commutazione alla pena dei ferri a quella di dieci anni di relegazione mediante una somma di seicento od ottocento ducati, della quale non si paga un carlino se prima non è ottenuta la grazia. Il fatto è certissimo, notissimo: ed alcuni giá condannati ai ferri e poi aggraziati per questo modo ora sono liberi e stanno a casa loro: io li conosco e potrei dirvene i nomi. Non potreste voi, pagando una somma di sei, sette, otto, dieci centinaia al Mazzei, ottenere per Gennarino che v’è figliuolo d’amore, che esca dall’ergastolo e vada, ai ferri no, ché i ferri son peggiori dell’ergastolo, ma relegato in un’isola? A voi non mancano conoscenti od amici da parlare al Mazzei, stabilire i patti, avviare la faccenda: egli farebbe da sé il resto e tratterebbe per lettera direttamente con voi. Io che conosco come pensa Gennarino, e ciò che a lui piú conviene, vi dico che egli non sottoscriverá mai petizione alcuna, e vuole piuttosto rimanere nell’ergastolo che discendere alla pena dei ferri: onde è necessario che nei patti si spieghi chiaramente l’una cosa e l’altra.

Nella petizione che farebbe la famiglia si potrebbe dire chiaro e semplice il fatto. Questo povero giovine nato in un paesello, educato in un collegio, non uscito mai dal nido, era un pulcino col guscio in capo e studiava in Castrovillari; nel ’48 tutti si mossero, ed ei si mosse, tutti presero le armi, ed anch’egli le prese: tutti combatterono, ed anch’egli combattè: non fece niente piú degli altri che o non patirono nulla, o ebbero lievissime pene giá finite; ma, piú sfortunato degli altri, fu ferito di cinque ferite, storpiato nella mano destra, e perché preso con le armi alla mano, dannato a morte, e poi, per grazia, all’ergastolo, dove sta da cinque anni. Giovine, inesperto, di ventidue anni, senza antecedenti politici, appartenente a famiglia onesta, morigerata, tranquilla, devota, ed ultimamente colpita da fierissima sventura1, egli ha sofferto anche troppo. Ebbe anche la sventura che la sua causa fu fatta la prima fra tutte le altre nella provincia2; però ei fu colpito di piú grave pena. Per tutte queste considerazioni fargliela una grazia, saria, non dico giustizia, ma equitá, pietoso

  1. Allude all’assassinio del fratello Luciano Placco, commesso nel settembre ’54 dai briganti.
  2. Il 4 settembre 1849.