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60 parte terza - capitolo xii [342]


leggere e scrivere con pochi errori, e citare gli articoli del codice senza sbagliarne i numeri. Io dunque gli ho messo nome il giudice, e però è poco, perché a vederlo e a udirlo parlare è un uomo di grande affare, un de’ piú nuovi matti ch’io m’abbia veduto. Non sogna e non parla d’altro che di grandezze, di ricchezze, di signori, di feste, di belle donne, di piaceri: dice, e lo crede, che ha nascosti millecentotredici ducati, in monete d’oro e di argento, ed or li seppellisce sotto una ficaia, ora a piè d’un muro, ora li mura nella parete d’una casa, ora li mette in una pentola di rame venti palmi sotterra. Da un altro ergastolano si ha fatto dipingere o meglio imbrattare sopra una carta la pianta di un gran podere con in mezzo un casino: nel podere un colore segna l’oliveto, uno il vigneto, un altro il seminatorio, un altro l’orto: nel casino vorrebbe far vedere il disegno di poche stanze, di una gran cantina, gran pollaio, grandissima cucina. Mostra a tutti quella carta, e dice che dovrá fare quel ch’egli ha designato. Non sa leggere né scrivere, e parla di politica, di re, di popoli, di tutto: udendo leggere i giornali ricorda ogni cosa: e quando udiva qualche caso strano accaduto nella Cina, in Africa, o in America, la notizia di una scoperta, l’annunzio di un disastro avvenuto per fame, freddo, o incursione di belva, un fatto insomma che lo colpiva, tosto spendeva pochi quattrini per farsi copiare l’articolo: cosí ha fatto due buoni volumi, che gli costano buoni danari, e che egli, il mio giudice, voleva far stampare e mettervi in fronte il suo nome, Rosario Peca. Dove s’è andata a ficcare la smania di parere scrittore! Il suo letto è alto da terra sette palmi, e poggia sovra due bastoni di legno conficcati nel muro, e sostenuti all’altro capo da due altri bastoni a guisa di colonne. Sotto questa specie di tettoia egli stassene poche volte. Piú spesso sta appollaiato su, e di lá in un atteggiamento che pare serio, guarda con una sorte di disprezzo le cose e le persone che stanno in basso, di lassú parla, ma perché ha una parlantina entrante, acuta, continua e noiosissima spesso gli è rotta la parola in bocca dagli altri, ed egli parla tra sé