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[349] i compagni di cella 65


casa, noi ti accompagneremo e ti guarderemo». La poveretta non fiatò piú, si chiuse nel mantello, e per la via piú breve si ridusse a casa; dove entrata per la porta che ella stessa aveva rimasa socchiusa con un altissimo grido disse: «Mamma mia». La madre, il padre, la famiglia si levarono uscirono nella via, seppero il caso, raccomandarono al zio di non parlare, e di far tacere il nipote, che per caritá non dicessero quella vergogna d’una fanciulla onesta. Lo zio promise tutto, e accennando a Pasquale disse: «Se questi parla gli taglio la testa». Quella notte Pasquale non potè piú dormire, e pensò sempre a Lucia: la quale dipoi quando lo vedeva si faceva rossa in viso come una vampa di fuoco. Felice Pasquale se avesse sposata quella buona fanciulla, che poi lo amò teneramente, perché non potè mai dimenticare quel mantello che la ricopri quella notte: felice lui, se si fosse inebbriato solamente d’amore! Che pietá mi desta costui quando parla di Lucia, e me la dipinge bella ed amorosa, e quasi gli spuntano le lagrime ricordandosi come ella lo ha visitato nel carcere e nella galera, e per molto tempo non ha voluto maritarsi per serbargli la fede che gli aveva data, e dalla quale egli l’ha disciolta. Piú dell’amore fu forte in lui la malvagia usanza dello zio e dei compagni: i quali lo trascinarono al furto, e poi ad un omicidio, e poi al carcere, alla condanna di morte che gli fu commutata in trent’anni di ferri. In galera Pasquale fu camorrista, diede ed ebbe di brave coltellate, imparò l’arte del calzolaio, mediante la quale usciva dal bagno e andava per la cittá di Capua incatenato con un compagno accompagnato da un custode. Un dí egli ed il compagno legarono ed imbavagliarono il custode, si sciolsero la catena e fuggirono nella provincia di Avellino, dove menarono vita di briganti, armati rubarono, scorsero la campagna, stettero ai servigi di un signore prepotente. Dopo otto mesi Pasquale tornò al suo paesello per vedere la sua Lucia, le sorelle, ed il fratello che si era impadronito di tutta la roba sua, e piú non gliene aveva voluto dare: ma quella notte che vi entrò, il fratello chiamò i gendarmi, e fece riprendere il forzato fuggito. E cosí ebbe

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - ii. 5