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72 parte terza - capitolo xv [358]


quando sai che la tua patria s’è coperta d’ignominia? Questo è il mio dolore piú grande, questo mi cuoce e mi arde profondamente l’anima.

Ma dove sono trascorso? Oggi è il dí ottavo di aprile: oggi Raffaele compie il suo diciassettesimo anno. O mio Raffaele, o figliuol mio, o sventurato figliuolo di sventurati genitori, dovunque tu sei, su qualunque lontano lido dell’America, sovra qualunque acque, ricevi, o figliuolo, la benedizione di tuo padre. Possa questa benedizione, come il sole del cielo, illuminarti, abbellirti, vivificarti, mostrarti il retto sentiero della vita, schiarirti la mente, rallegrarti l’anima, e riempirtela di pure e sante consolazioni. Possa io vederti prima di chiudere questi occhi miei, possa io rivederti buono ed onesto, e degno di questa patria che ha tanto bisogno di buoni ed onesti. Che se sta scritto che anche tu debba essere sventurato (quanto tuo padre, no; ché la sventura mia sta scritta per pochissimi); se anche tu dovrai bere molto dell’amara tazza dei dolori, la mia benedizione ti dia forza a sostenere dignitosamente la sventura, ed a lodare Iddio anche in mezzo a’ dolori. Al quale io mi rivolgo, e con tutta la effusione dell’anima, con tutta la tenerezza dell’affetto io lo prego che ti benedica e ti protegga: e se egli vuole un olocausto, io gli offero tutto me stesso, mi mandi piú piaghe, mi flagelli piú forte, mi raddoppi i tormenti, ma risparmi te, o sangue mio, o figliuolo mio, o figliuolo della cara compagna mia, o diletto Raffaele mio.

Debbo finire perché le lagrime mi tolgono lo scrivere. O mia Gigia, benediciamo sempre i figliuoli nostri.