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[349] il natalizio del figlio 71


sragionare che per ragionare, come il corpo ci serve piú per sentire il dolore che il piacere. Che mi giova a me l’essermi tanto affaticato per fare la mia parte di bene agli uomini, che io credeva miei fratelli? Essi m’hanno risposto: «Siamo fratelli come Caino ed Abele». Che mi giova l’aver creduto e credere in Dio? Deus meus, ut quid dereliquisti me? Che mi giova l’avermi logorato la vita negli studi, se non ho trovata la sapienza? Che mi giova l’aver patito ogni maniera di privazioni, di miserie, di dolori per serbarmi pura l’anima, non aver mai offeso nessuno, aver dato la mano a qualche infelice come me, che ho incontrato nel mio cammino? Che mi giova l’aver pianto con chi sofferiva, aver diviso col povero il mio pane, l’aver amato tutti, anche chi mi faceva sofferire? A che mi giova ora quest’anima tanto straziata, questo cuore che pur mi palpita d’amore, questa vita dolorosa, questa mente stanca, questo pensiero che non vola piú al cielo? Mi resta la coscienza di aver fatto un poco di bene: è vero: questa coscienza è un piacere, nol nego; se no negherei la cagione perché vivo ancora. Ma con questa io ho un’altra coscienza, di non meritare ciò che patisco: e quest’altra mi tormenta piú che quella non mi conforta, è un dolore piú grande di quel piacere. E vorresti, o Critone, che Socrate morisse colpevole? O Socrate tu sei un uomo divino, e il piú sapiente dei greci. Io credo nella tua virtú: ma io sento che sono troppo profondi i miei dolori. Dimmi, o sapiente, non ti fa dolore che gli ateniesi commettano una grande ingiustizia, e in te offendano, non te, ma l’umanitá e la sapienza? che storcano maliziosamente una loro legge per offendere la grande e santissima legge universale? che schiantino dal cuore de’ giovani, che tu tanto amasti ed educasti, il sentimento della virtú? che scancellino dalla mente di tutti i cittadini l’idea del giusto e dell’onesto, e insegnino a tutti i ribaldi del mondo come opprimere e deridere i buoni? O Socrate, il male dispiace perché è male, non perché uno lo soffre. Se tu non fossi morto di cicuta tu avresti avuto un po’ meno di gloria, ma gli ateniesi non si sarebbero resi colpevoli di un grande misfatto. E puoi tu morire tranquillo