Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/81

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[361] ricordi 75


Io l’ho veduto ne’ delirii della mia fervida giovinezza, io l’ho veduta l’ombra del gran poeta, e le ho parlato, e ne ho avuto un sorriso: io non mentisco, io l’ho veduta, e le ho parlato davvero. Ancora me ne ricorda, ancora ho innanzi agli occhi quelle onorate sembianze, ancor mi suonano dentro il cuore le sue parole di gravitá soave. Oh, chi mi ritorna ai delirii della mia giovinezza, chi mi ridona un sol giorno della primavera della mia vita? O fortunato inglese che riposi presso la tomba di quel poeta1; come è bello il dormire a canto a Virgilio! Oh potessi anch’io passare in quel luogo questa carne travagliata e queste ossa, vorrei pure morir presto e non indugiarmi d’un giorno. Chi è sepolto colá deve certamente avere anche sotterra qualche sentimento, qualche amore, qualche idea, qualche fantasia: perché quella terra non è terra bruta, ma è viva e palpitante, e quasi parla e canta. Ahi misero me! Dove io vedo spalancata la fossa per me? qui: in una fossa cogli assassini e i parricidi. Ahi strazio crudele! oh disperazione! Deh voi, che siete nemici della vita e della mente mia, che m’odiate vivo, non siate crudeli anche con un morto, rendete le mie ossa ad una mano amica, che le poserá in un angolo remoto di quella terra.

Non vedo il mare, non vedo la terra, vedo solamente tanto spazio di cielo quanto ne ricopre l’ergastolo, e pur nell’aria che va facendosi tiepida e nel cielo purissimo io sento e ricordo il ritorno della quarta primavera che qui mi ritrova.

Ah perché non distendon le nubi
su l’ergastolo un funebre velo?
Perché tanto sorriso di cielo
su lo scoglio del vile dolor?



  1. A pochi passi dalla tomba di Virgilio sta una colonnetta sepolcrale, su cui è scritto il nome di un inglese, ch’io non ricordo: il nome solo, e l’anno della morte: che altro vi si poteva scrivere?