Pagina:Sino al confine.djvu/107

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necessario. Stanotte alle undici sarò davanti alla tua porta. Tu puoi ricevermi.

— Vattene! E non ritornare: io non ti riceverò più, — rispose Gavina nascondendosi il viso fra le mani. — Vattene!

Priamo si alzò, ravvolse la mantellina intorno al braccio, riprese il cappello e si curvò davanti a lei.

— Se tu non mi ricevi, stanotte, mi uccido davanti alla tua porta.

Rimasta sola ella si buttò sul divano piangendo convulsa; le pareva di morire di vergogna, di paura, di rimorso; si pentiva di non aver scacciato violentemente Priamo ed era risoluta a non rivederlo più; e nello stesso tempo provava un senso di ebbrezza nel pensare che egli l’amava ancora con tanta passione. Capiva che nulla era mutato, dopo «quel giorno»: erano entrambi gli stessi, nonostante gli anni trascorsi, la lunga lontananza, la vita diversa; e si amavano ancora.

Ella capiva anche questo: che amava Priamo per ciò che egli era, per l’orrore e la pietà che le destava, per l’ostacolo che li divideva, ma sopratutto perchè egli rappresentava per lei il mostro affascinante al quale ella cercava continuamente di sfuggire: il peccato. Ma a poco a poco la paura che Priamo si uccidesse davvero davanti alla sua porta la vinse. Che fare? A chi domandar consiglio? Le parole di lui le tornavano in mente.