Pagina:Sino al confine.djvu/201

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difendersi davanti a Francesco. Balzò giù dal letto e stette dritta e ferma davanti a lui fissandolo in viso.

— Tu non sapevi niente? — gli domandò.

— Se tu supponevi che io sapessi qualche cosa perchè hai taciuto finora?

— Io credevo.... io volevo.... speravo trarmi d’impiccio senza darti questo dispiacere.... Ma tu non leggi i giornali?

— Ti ripeto.... ma no.... no, ti ripeto....

— Non arrabbiarti! Io credevo.... credevo che tu sapessi e non me ne parlassi per la stessa ragione.... di delicatezza, che impediva a me di parlartene. Ora però bisogna spiegarci.... Però se tu non mi ascolti con calma, io.... io.... non ti dirò nulla! Credevo, credevo.... — insistè, ricominciando a piegarsi e appoggiando la mano sul cuscino — credevo che tu sapessi. La notizia del suicidio la sapevi.... sei stato tu a dirmelo....

— L’ho saputo per caso. Dopo non ho letto più giornali dell’isola. Non ne ho, lo sai!

Ella parve convinta. Egli si era alzato a sedere sul letto, col gomito appoggiato al guanciale, e non cessava un momento di fissarla calmo, ma d’una calma troppo ostentata per essere naturale. Le domandò!

— Come era la lettera di Priamo? Come te l’ha mandata?

— Con zio Sorighe, appunto....

— Il canonico Bellìa sa questa circostanza?