Pagina:Slataper - Il mio carso, 1912.djvu/67

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marrai letterato per quanto mare frammetta tra la tua ultima e la nuova pedata. Anche se a Rangoon, anche se nell’isola di Robinson, la ventola ti sembrerà, che so io: l’azione contro le idee: insomma una di quelle tue immagini strampalate che mettono in sussulto e in compassione la gente. E scriverai nella tua lettera d’affari cosa che il copialettere non potrà copiare senza che la sezione controllo ti dia del matto.

Uscii deluso. Toccai le foglie degli alberi umidi di piova, sforzandomi a non paragonarle con niente. Un’impressione tattile di bagnato e di freddo, e basta. Avrei voluto mi fossero disaggradevoli. Camminai lungamente, evitando di pensare. Poi decisi: Parto.

Andai alla stazione a pigliare il biglietto di terza classe. — Per dove? — mi chiese il bigliettinaio. Lo guardai. Io pensavo di viaggiare senza destinazione; viaggiare perchè speravo in un disastro ferroviario che avesse schiantato due macchine e più vagoni, e io mi salvo aggrappandomi fortemente fra i due valigiai, così che l’urto non mi tocca. Poi esco rompendo il vetro dal vagone rovesciato, striscio a carponi; non salvo nessuno ma corro alla prossima stazione per avvertire, con calma, dell’accaduto. — Ha la mano insanguinata — mi dice premuroso il capostazione. Io la guardo, estraggo il fazzoletto e la fascio. Poi, per favore, domando al capostazione di permettermi inviare un dispaccio al mio giornale.

— Per dove? — si spazienti il bigliettinaio.

Per Milano. — E pensai: mi presento al Corriere della Sera.

Il treno andava a Vienna, e il bigliettinaio dicendomelo sorrise. Tornai a casa deciso di farmi giornalista.