Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/21

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giovanni boccaccio. 9

casse in amendue, quasi certissimo avere, quella non poter stare in alcun modo. Mossi adunche più così egregii come antichi popoli da questa laudevole sentenzia e apertissimamente vera, alcuna volta di deità, altra di marmorea statua, sovente di celebre sepoltura, e tal fiata di trionfale arco, e quando di laurea corona secondo i meriti precedenti onoravano i valorosi: le pene, per opposito, a’ colpevoli date non curo di raccontare. Per li quali onori e purgazioni l’Assiria, la Macedonia, la Grecia e ultimamente la romana republica augumentate, con l’opere le fini della terra, e con la fama toccaron le stelle. Le vestigie de’ quali in così alti esempli, non solamente da’ successori presenti, e massimamente da’ miei Fiorentini, sono male seguite, ma in tanto s’è disviato da esse, che ogni premio di virtù possiede l’ambizione: perchè, siccome io e ciascuno altro che a ciò con occhio ragionevole vuole guardare, non sanza grandissima afflizzione d’animo possiamo vedere li malvagi e perversi uomini a’ luoghi eccelsi e a’ sommi uficii e guiderdoni elevare, e li buoni scacciare, diprimere e abbassare. Alle quali cose qual fine serbi il giudicio di Dio, coloro il veggiano che ’l timone governano di questa nave: però che noi, più bassa turba, siamo trasportati dal fiotto della fortuna, ma non della colpa partecipi. E come che con infinite ingratitudini e dissolute perdonanze apparenti si potessono le predette cose verificare, per meno scoprire li nostri difetti e per venire a mio principale intento, una sola mi fia assai avere raccontata. Nè questa fia poco o piccola, ricordando lo esilio del chiarissimo uomo Dante Alighieri il quale, antico cittadino nè d’oscuri parenti nato, quanto per virtù e per iscienza e per buone operazioni meritasse, assai ’l mostrano e mostreranno le cose che da lui fatte appaiono: le quali se in una republica giusta fussono state operate, ninno dubbio ci è che esse non gli avessono altissimi meriti apparecchiati.

Oh scelerato pensiero, oh disonesta opera, oh miserabile esemplo, di futura ruina manifesto argomento! In luogo di quelli, ingiusta e furiosa dannazione, perpetuo sbandimento e alienazione de’ paterni beni, e, se far si fusse potuto, maculazione della gloriosissima fama con false colpe gli fùr donate. Delle quali cose le ricenti orme della sua fuga e l’ossa nell’altrui terre sepulte e la sparta prole per l’altrui case, alquante ancora ne fanno



qualunque delie due cose mancava, senza dubbio la repubblica da quel piede zoppicare. Dalla quale laudevole sentenzia mossi alcuni così egregij come antichi popoli, alcuna volta di deità, altra di marmorea statua, e sovente di celebre sepoltura, di trionfale arco, di laurea corona o d’altra spettabile cosa, secondo i meriti, onoravano i valorosi; per opposito agrissime pene a’ colpevoli infligendo. Per li quali meriti la Assiria, la Macedonica et ultimamente la Romana repubblica aumentate, con l’opere li fini della terra, e con la fama toccarono le stelle. Le vestigie de’ quali non solamente da’ successori presenti, e massimamente da' miei Fiorentini sono mal seguite, ma in tanto s’è disviato da esse, che ogni premio di virtù possiede l’ambizione. Il che, se ogni altra cosa occultasse, non lascierà nascondere l’esilio ingiusta-