Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/23

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giovanni boccaccio. 11

quali esso di sè onestamente tacette: cioè la nobilità della sua origine, la vita, gli studi e i costumi; raccogliendo appresso in uno l’opere da lui fatte, nelle quali esso sè si chiaro ha renduto a’ futuri, che forse non meno tenebre che splendore gli daranno le lettere mie: come che ciò non sia di mio intendimento, nè di volere; contento sempre e in questo e in ogni altra cosa da ciascuno più savio, là dove io difettosamente parlassi, essere corretto. Il che acciò che non avvegna, umilmente priego Colui, che lui trasse (per sì alta scala a veder, siccome sapemo, che al presente aiuti e guidi lo ’ngegno mio e la mia debole mano.

§ 2. - Nascimento e studi di Dante.

Fiorenza, infra l’altre città italiane più nobile, secondo che l’antiche storie e la comune opinione de’ presenti pare che vogliano, ebbe inizio da’ Romani; la quale in processo di tempo augumentata, e di popolo e di chiari uomini piena, non solamente città, ma potente cominciò a ciascun circustante ad apparere. Ma quale si fusse, o contraria fortuna o avverso cielo o li loro meriti, agli alti inizi di mutamento cagione, ci è incerto; ma certissimo abbiamo, essa non dopo molti secoli da Attila, crudelissimo re de’ Vandali e generale guastatore quasi di tutta Italia, uccisi prima e dispersi tutti o la maggior parte di que’ cittadini, che in quella erano o per nobilità di sangue o per qualunche altro stato d’alcuna fama, in cenere la ridusse e in ruine: e in cotale maniera oltre al trecentesimo anno si crede che dimorasse. Dopo il quale termine, essendo non sanza cagione di Grecia il romano imperio in Gallia translatato, e alla imperiale altezza elevato





che Dante medesimo usò nella maggior parte delle sue opere non discordi, quelle cose, le quali esso di sè onestamente tacette, cioè la nobiltà della sua origine, la vita, gli studij et i costumi, raccogliendo appresso in uno l’opere da lui fatte, nelle quali esso sè chiaro ha renduto a’ futuri. Il che acciò che compiutamente si possa fare, umilmente priego Colui, il quale di speziale grazia lui trasse, come leggiamo, per sì alta scala a contemplarsi, che me al presente ajuti, et in onore e gloria del suo santissimo nome la debole mano guidi, e regga lo ’ngegno mio.

2. Fiorenza, intra l’altre città italiane più nobile, secondo la generale opinione de’ presenti, ebbe inizio da’ Romani; et in processo di tempo aumentata di popolo e di chiari uomini e già potente parendo, o contrario cielo, i loro meriti, che in sè l’ira di Dio provocassero, non dopo molti secoli da Attila, crudelissimo re de’ Vandali e generale guastatore quasi di tutta Italia, molti de’ cittadini uccisi, quella ridusse in cenere et in ruine. Poi trapassato già il trecentesimo anno, e Carlo Magno, clementissimo re de’ Franceschi, essendo all’altezza del Romano imperio elevato, avvenne che o per proprio movimento, forse da Dio a ciò spirato, o per prieghi pòrtigli da alcuni, il detto Carlo alla reedificazione della detta città l’animo dirizzò, et a coloro medesimi, li quali primi conditori n’erano stati, la fatica commise.