Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/30

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18 giovanni boccaccio.

per cenno, alcuno libidinoso appetito né nello amante né nella cosa amata: non picciola maraviglia al mondo presente, del quale è si fuggito ogni onesto piacere, e abituatosi l’avere prima la cosa che piace conformata alla sua lascivia, che diliberato di amarla, che in miracolo è divenuto, siccome cosa i-arissima, chi amasse altrimenti. Se tanto amore e si lungo potè il cibo, i sonni e ciascuu’ altra quiete impedire, quanto si dee potere estimare lui essere stato avversario ai sacri studi e allo ingegno? Cer-to non poco; come che molti vogliano lui essere stato incitatore di quello; argomento a ciò prendendo dalle cose leggiadi-amente nel tiorentino idioma e in rima in laude della donna amata, e acciò che li suoi ardoi-i e amorosi concetti esprimesse, già fatte da lui; ma certo io noi consento, se io non volessi già affermai’e l’ornato parlare essere sommissima parte d’ogni scienza; che non è vei’o. Come ciascun puote evidentemente conoscere, niuna cosa è stabile in questo mondo; e se niuna leggermente ha mutamento, la nostra vita è quella. Un poco di soperchio freddo o di caldo che noi abbiamo (lasciando stare gli altri infiniti accidenti e possibili), da essere e non essere sanza difficoltà ci conduce; né da questo gentilezza, ricchezza, giovcinezza, né altra mondana degnità è privilegiata; della quale comune legge la gravità convenne a Dante prima per l’altrui morte provare che per la sua. Era quasi nel line del suo vigesimo quarto anno la bellissima Beatrice, quando, siccome piacque a Colui che tutto puote, essa lasciando, di questo mondo le angoscie, ne andò a quella gloria che li suoi meriti le aveano apparecchiata. Della quale partenza Dante in tanto dolore, in tanta afflizione, in tante lagrime rimase che molti de’ suoi più congiunti e pai’enti ed amici niuna fine vide giammai. Che più? dal viso di questa giovane donna, la (|uale non Bice, ma dal suo primitivo sempre chiamò Beatrice, fu primieramente desto nel petto suo lo ’ngegno al dovere parole rimate comporre; delle quali, si come manifestamente appare, in sonetti, ballate, canzoni et altri stili molte in laude di questa donna eccellentissima compose, e tal maestro, sospinguendolo amore, ne divenne, che tolta di gran lunga la fama a’ dicitori passati, mise in opinione molti, che ninno del futuro essere ne dovesse, che lui in ciò potesse avanzare. 6. Gravi erano stati i sospiri e le lacrime, mossi assai sovente dal non potere aver veduto, quanto il concupiscibile appetito desiderava, il grazioso viso della sua donna; ma troppo più ponderosi glieli serbava quella estrema et inevitabile sorte che, mentre vivere dovesse, ue’l doveva privare. Avvenne adunque che, essendo quasi nel fine del suo vigesimo quarto anno la bellissima Beatrice, piacque a colui che tutto puote di trarla delle temporali angoscie e chiamarla alla sua eterna gloria. La partita della quale tanto impazientemente sostenne il nostro Dante, che olti-e a sospiri et a pianti continui, assai de’ suoi amici lui quelli senza morte non dover finire estimarono. Lunghe furono e molte le sue lagrime, e per lungo spazio ad

ogni conforto datogli tenne gli orecchi serrati: ma pur poi, in processo di