Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/36

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24 giovanni boccaccio.

di quella si diede; e fugli tanto in ciò la fortuna seconda, che niuna legazione si ascoltava, a niuna si rispondeva, niuna legge si fermava, niuna se ne abrogava, niuna pace si faceva, niuna guerra publica s’imprendeva, e brievemente niuna deliberazione la quale alcuno pondo portasse si pigliava se eoli in ciò non dicesse prima la sua sentenza. In lui tutta la publica fede, in lui ogni speranza, in lui sommariamente le divine cose e le umane pareano essere fermate. Ma la fortuna volgitrice de’ nostri consigli e inimica d’ogni umano stato come per alquanti anni nel colmo della sua rota gloriosamente reggendo il tenesse, assai diverso fine al principio recò a lui, in lei fidandosi di soperchio. Era al tempo di costui hi fiorentina cittadinanza in due parti perversissimamente divisa, e coU’operazioni di sagacissimi e avveduti principi di gnendolo la domestica cura, quel tempo che alle eccelse meditazioni soluto soleva prestare, consti-etto da necessità, con venia che egli il concedesse a’ pensieri donde dovessono i salarj delle nutrici venire, i vestimenti de’ figliuoli, e l’altre cose opportune a chi più secondo l’opinione del volgo che secondo la filosofica verità conviene che viva. Il che quanto d’impedimento alli suoi studi) prestasse, assai leggiermente conoscere si dee da ciascuno. Da questa pei- avventura ne gh nacque una maggiore; perciò che l’altiero animo avendo le minori cose in fastidio, e per le maggiori estimando quelle potersi cessare, dalla familiare cara trasvolò alla pubblica: nella quale tanto e si subitamente 1’ avvilupparono i vani onori, che senza guardare donde s’era partito e dove andava, con abbandonate redine, messa la filosofia in obblio, quasi tutto della repubbhca con gli altri cittadini più solenni al governo si diede; e fugli tanto in ciò alcun tempo la fortuna seconda, che di tutte le maggiori cose occorrenti la sua deliberazion s’ attendeva. In lui tutta la pubblica fede, in lui tutta la speranza pubblica, in lui sommariamente le divine cose e l’umane parevano essere fermate. Che questa gloria vana, questa pompa, questo vento fallace gonfi maravigliosamente i petti de’ mortali, e gli atti e portamenti di coloro, che ne’ reggimenti delle città sono maggiori, et il fervente appetito, che di quelli hanno generalmente gli stolti, assai leggiermente agli occhi de’ savj il possono dimostrare. E come si dee credere, che intima tanto tumulto, intra tanto rivolgimento di cose, quanto dee continuamente esserenelle gonfiate menti de’ presidenti, deano potere aver luogo le considerazioni filosofiche, le quali, come già detto è, somma pace d’animo vogliono ? In queste tumultuosità fu il nostro Dante inviluppato più anni, e tanto più che un altro, quanto il suo desiderio tutto tirava al bene pubbhco, dove quello degli altri o della maggior parte tirannescamente al privato badava; perché, oltre all’altre sollecitudini, in continua battaglia essere gli conveniva. Ma la fortuna volgitrice de’ nostri consigli et inimica d’ogni umano stato, assai diverso fine pose al principio: al quale voler dimostrare, un pochetto s’amplierà la novella. 1 0. Era ne" tempi del glorioso stato del nostro Poeta la fiorentina cittadinanza

in due parti perversissimamente divisa, alle quah parti riducere