Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/37

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giovanni boccaccio. 25

quelle, era ciascuna assai possente; intanto che alcuna volta 1’ una, e alcuna volta l’altra reggeva oltre al piacere della sottoposta. A voler riducere a unità il partito corpo delia sua republica, pose Dante ogni suo ingegno, ogni arte, ogni studio, mostrando a’ cittadini più savi, come le gran cose per la discordia in brieve tempo tornano al niente, e le picciole per la concoi’dia crescere in infinito. Ma poiché vide vana essere la sua fatica e conobbe gli animi degli uditori ostinati; credendolo giudicio di Dio, prima propose di lasciare del tutto ogni publico utìcio e vivere seco privatamente; poi dalla dolcezza della gloria tirato, e dal vano favor popolesco e ancora dalle persuasioni de’ maggiori; credendosi, oltre a questo, se tempo gli occorresse, molto più di bene potere operare per la sua città, se nelle cose publiche fosse gi-ande, che a sé privato e da quelle del tutto rimosso (o stolta vaghezza degli umani splendori, quanto sono le tue forze maggiori che credere non può chi provate non l’ha!); il maturo uomo nel santo seno della filosofia allevato, nutricato e ammaestrato, al quale erano davanti degli occhi lì cadimenti de’ re antichi e dei moderni, le desolazioni dei reami delle province e delle cittadi, e li furiosi impeti della fortuna, ninno altro cercanti che le alte cose, non si seppe o non si potè dalla tua dolcezza guardare. Fermossi adunche Dante a voler seguire gli onor caduchi e la vana pompa de’ publici uficii; e veggendo che perse medesimo non poteva una terza parte tenere, la quale giustissima la ingiustizia dell’altre due aljbattesse, tornandole a unità; con quella s’accostò, nella quale, secondo il suo giudicio, era più di ragione e di giustizia; operando continuamente ciò che salutevole alla sua patria e a’ cittadini conoscea. Ma gli umani consigli il più delle volte rimangono vinti dalle forze del cielo; gli odii e.l’animosità prese, ancora che sanza giusta cagione nati fossero, di giorno in giorno divenian maggiori, in tanto che non sanza grandissima confusione de’ cittadini, più volte si venne all’arme con intendimento di por fine alla lor lite col fuoco e col ferro: si accecati dall’ira, che non vedeano sé con quella miseramente perire. Ma poi che ciascuna delle parti ebbe più volte fatte pruova delle sue forze con vicendevoli danni dell’ una e dell’ altra; venuto il tempo che gli occulti consigli della minacciante fortuna si doveano scoprire, la fama, parimente del vero e del falso rapportatrice, nunziando gU avversari della parte presa da Dante, di maravigliosi e di astuti consigli a luiità Dante invano s’atfaticò molte volte. Di che poi che s’accorse, prima seco propose, posto giù ogui pubblico uficio, di vivere seco privatamente: ma dalla dolcezza della gloria tirato e dal favor popolesco, e ancora dalle persuasioni de’ maggiori, sperando di potere, se tempo gli fosse prestato, molto di bene operare, lasciò la disposizione utile, e perseverando seguitò la dannosa. Et accorgendosi che per sé medesimo non poteva una tei-za parte tenere, la quale giusta, la ingiustizia dell’altre due abbattesse, con quella s’accostò nella quale, secondo il suo giudicio, era meno di malvagità. Et aumentandosi per vai’ij accidenti continuamente gli odij delle parti, et

il tempo vegnendo che gli occulti consigli della minacciante fortuna si do-