Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/47

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giovanni boccaccio. 35

egli sempre come figliuolo ebbe in te revepenza, né mai di quello onore che per le sue opere seguir dovea, volle privarti, come tu lui della tua cittadinanza privasti. Sempre fiorentino, quantunque l’esilio fosse lungo, si nominò e volle essere nominato, sempre a ogni altra ti prepose, sempre t’amò. Che dunche farai? starai sempre nella tua iniquità ostinata? sarà in te meno d’umanità che ne’ barbari, i quali troviamo non solamente aver li corpi delli lor morti raddomandati, ma per riavergli essersi virilmente disposti a morire? Tu vuogli che’l mondo creda te essere nipote della famosa Troia e figliuola di Roma; certo i figliuoli deono essere a’ padri e agli avoli simiglianti. Pi iamo nella sua miseria non solamente raddoniandò il corpo del moi’to Ettore, ma quello con altrettanto oro ricomperò. Li Romani, secondo che alcuni par che credano, feciono da Miturna venir l’ossa del primo Scipione, da lui a loro con ragione nella sua morte vietate. E come che Ettore fosse colla sua prodezza lunga difesa de’ Troiani, e Scipione liberator non solamente di Roma, ma di tutta Italia (delle quali due cose forse cosi propriamente ninna si può dir di Dante), egli non è però da posporre; ninna volta fu mai che l’armi non dessero luogo alla scienza. Se tu primieramente, e dove più si sarebbe convenuto, l’esemplo e l’opere delle savie città non imitasti, amenda al presente, seguendole. Ninna delle sette predette fu che o vera o fittizia sepoltura non facesse a Omero. E chi dubita che i Mantovani, i quali ancora in Piettola onorano la povera casetta e i campi che fùr di Virgilio, non avessero a lui fatta onorevole sepoltura, se Ottaviano Augusto, il quale da Brandizio a Napoli le sue ossa avea trasportate, non avesse comandato quel luogo dove poste l’avea, voler loro essere perpetua requie? Sulmona ninna altra cosa pianse lungamente, se noi che l’isola di Ponto tenga in certo luogo il suo Ovidio; e cosi di Cassio, Parma si rallegra tenendolo. Cerca tu adunche, di voler essere del tuo Dante guardiana; raddomandalo; mostra questa umanità, presupposto che tu non abbi voglia di riaverlo; togli a te medesima con questa fizione pai’te del biasimo per adrieto acquistato. Raddomandalo. Io son certo ch’egli non ti fìa renduto; e a un’ora ti sarai mostrata piatosa, e goderai, non riavendolo, della tua innata crudeltà. Ma a che ti conforto io? Appena che io creda, se i corpi morti possono alcuna cosa sentire, che quello di Dante si potesse partir (ii là dov’è, per dover a te ritornare. Egli giace con compagnia troppo più laudevole che quella che tu gli potessi dare. Egli giace in Ravenna, molto più per età veneranda di te; e come che la sua vecchiezza alquanto la renda deforme, ella fur nella sua giovinezza troppo più florida che tu non se’. Ella è quasi un generale sepolcro di santissimi corpi, né ninna parte in essa si calca, dove su per riverendissime ceneri non si vada. Chi dunche àìsìdererebbe di ritornare a te per dover giacere fra le tue, le quali si può credere che ancoi-a serbino la rabbia e la iniquità nella vita avute, e male concordi insieme si fuggano l’una dall’altra, non altrimenti che facessero stinzione fosse da un vilissimo calzolaio ad uno solenne poeta. Ma essi con

la loro superbia rimangansi; e noi. avendo gli affanni dimostrati di Dante