Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/227

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Prefazione ccxv


Buffo comico: Soglia. — Perchè, veramente, quando era ancora monsignore e grand’elemosiniere di Gregorio, si prestava a fargli un po’ da buffone,

Pe’ mmerità l’onore der cappello,

come dice il Belli e come conferma il Pianciani.1

La parte di servetta sarà sostenuta da Mario Mattei. — Era infatti "uomo di poco momento in tutto, fuorchè nell’arte del dissimulare e nella servilità.„ Strumento docilissimo nelle mani del prepotente Lambruschini, "fu ministro„ (per gli affari interni), "ma non di Stato, sibbene di piccoli intrighi e favori, autore di qualche male, di nessun bene:„ come attesta il Farini (vol. I, pag. 83), che certo non prese a prestito il suo giudizio da Pasquino. Il quale, dopo aver distribuito altre parti tra gli attori cardinali, conclude che per prima rappresentazione daranno le Barufe Chiozote del Goldoni, e il Ludro del Bon, fatica particolare di Tosti (il Calonne delle povere finanze pontificie), e assicura che non ometteranno nessuna premura, per poter divertire le Corti straniere a spese del pubblico romano.

Non è esatta l’affermazione del Cantù, che "esaltato Pio IX, Pasquino tacesse sotto l’universal concerto di applausi.„ (Op. e vol. cit., pag. 229.) Giacchè, alle prime esitanze a proseguire le riforme, gli disse subito:

Pio Nono,
Sei buono,
Ma-stai.

E quando (per restringermi a un altro solo esempio), nel dicembre del 1846 si seppe che de’ due primi cardi-

  1. Cit. da me, nel vol. III, pag. 148-49.