Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/233

Da Wikisource.

Prefazione ccxxi


figliuolo Paolo, che gli faceva da assistente, e che era anche stato ufficiale della Legione Romana. Le due farmacie perdettero la clientela di circa quaranta conventi, e molti anni dopo, Pio IX, essendogli presentata una nipote del Peretti, esclamò: “Ah! quello del pappagallo!„ Pochi giorni fa, un vecchio medico, di cui potrei dire il nome, assicurava di aver visto, e toccato, e accarezzato quell’ingegnoso animale. Una Nota, nell’ultima pagina della meno scorretta delle due edizioni della satira che conosco io, stampata in Genova dalla Tipografia Dagnino in quello stesso anno 1849, comincia: "La presente poesia non è una favola, essa parte dall’esistenza di un fatto. Il noto farmacista Pietro Peretti...,,, e così seguita, raccontando la storia del pappagallo, come è tuttora, nelle sue parti essenziali, saputa e creduta da qualche mezzo milione degli antichi sudditi del Papa, senza contarci gli altri Italiani. Eppure, non ostante tutte queste testimonianze e questa universale credenza, il pappagallo è un mito, nè più nè meno; e la satira non nacque da lui, ma lui dalla satira. Confesso però, che quantunque il caso sia tutt’altro che nuovo, anch’io cascai dalle nuvole quando ne ebbi le più formali assicurazioni dalla bocca stessa del cav. Paolo Peretti; il quale mi raccontò le noie procurate alla sua famiglia da questo immaginario animale, la destituzione sua e di suo padre, la clientela de’ conventi perduta, l’uscita di Pio IX; e aggiunse, scherzando, che sarebbe stato curioso di conoscere l’autore della satira, per ringraziarlo.

Ma l’autore, Filippo Meucci, che come scrittore di prose e d’inni e melodrammi patriottici, come giornalista, come oratore, come Direttore di polizia sotto la Repubblica, prese tanto fervida e onesta e disinteressata parte al movimento liberale di quegli anni, e poi esule dalla sua Roma, morì Preside del Liceo di Pisa nel 1865,