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cclxviii Prefazione


tirici contro il nemico suo e della sua patria, non riflettendo che, o si scriva in lingua o in vernacolo, non c’è pensiero perfetto senza forma perfetta. Errore funesto, che io ho voluto combattere, perchè l’esempio del Marini potrebbe essere contagioso; e staremmo proprio freschi se l’artifizio rettorico, che ci ha guastato tanta parte della lingua e della letteratura comune, ci guastasse ora anche i dialetti e le loro letterature, che con l’esempio continuo della verità e naturalezza possono, e in parte già l’hanno fatto, ricondurre anche la lingua e la letteratura nazionale ai loro veri principi.

Devo però dire, e lo dico con tutto il piacere, che alcuni de’ sonetti del Marini, e specialmente di quelli che ha scritto dopo il suo ritorno a Roma, vanno quasi affatto immuni da difetti di forma, e per vena satirica sono in tutto degni di stare alla pari con quelli del Belli. Si veda, per esempio: La vita del Prigioniero, Il miracolo della Madonna in Trastevere, Il Sarto e il Deputato, L’Oste fedele all’indulto del Cardinal Vicario per l’osservanza della quaresima (bruttissimo titolo, ma stupendo sonetto!),1 e La Scomunica. Se la forma de’ sonetti non politici, che il Marini ci promette, corrisponderà a quella di questi cinque (che a me paiono i suoi migliori), come

  1. Eccolo. Ma per gustarlo bene, mi par necessario figurarsi che, sotto il Governo pontificio, in un venerdì di quaresima, che potrebbe anclie essere il venerdì santo, un ferro di polizia (un trommetta, un pi/ero, una minosa, dicono i trasteverini) si presenti a un oste di Roma, e, fingendo di sentirsi un po’ male, gli chieda da mangiare di grasso. L’oste, che sa d’essere in voce di frammassone e ha l’odorato fine, capisco subito chi è l’amico, e risponde:

         Ber fio, io so’ cattolico, e l’editto
    Der Cardinal Vicario parla chiaro;
    Nun sete, pare a me, tanto somaro
    De nun vede da voi quer che c’è scritto.
         Si volete du’ trije, un porpo fritto,
    Er merluzzo in guazzetto, lo preparo;
    Ma la carne nun posso, fijo caro:
    Annerebbe all’inferno dritto dritto.