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SONETTI DAL 1818 (?) AL 18291




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     Lustrissimi: co’ questo mormoriale3
V’addimando benigna perdonanza,4
Se ’gni fiasco de vino igni pietanza
4Non fussi stata robba pella quale.

     Sibbè che pe’ nun èssece5 abbonnanza
Come ce n’è più mejjo er carnovale,
O de pajja o de fieno6, o bene o male,
8Tanto c’è stato da riempì la panza.

     Ma già ve sento a dì: “Fior d’ogni pianta,
Pe’ la salita annàmo e pe’ la scénta,7
11Famo li sordi, e ’r berzitello8 canta.„9

     Mo sentiteme a mé: “Fiore de menta,
De pacenza co’ voi ce ne vò tanta,
14E buggiarà pe’ bbio chi ve contenta.„9

  1. [Tutti, meno il sesto e l’ultimo, rifiutati dall’autore, perchè difettosi di forma, e perchè vi è in iscena lui, e non il popolo; tutti però preziosi, perchè appunto ci mostrano i primi e incerti passi del poeta, che non ha ancora trovato la sua via.]
  2. Per un pranzo di società al quale presiedè G. G. Belli, ed intervennero i letterati Perticari Giulio, Biondi Luigi, Tambroni Giuseppe, Borghesi Bartolomeo, Perticari Monti Teresa [Costanza voleva dire], De Romanis Filippo, etc. etc. [L’unica volta che il Perticari si trovò a Roma con la moglie Costanza, la qual è data come presente al pranzo, fu tra il novembre 1818 e i primi mesi del 1820, quando cioè,insieme col Biondi, col Tambroni, col Borghesi e con altri, egli fondò il Giornale Arcadico. Il sonetto dunque fu di certo scritto in quel tempo.]
  3. [Memoriale.]
  4. [Questa benigna perdonanza, come il Se e il Non che seguono, non è niente affatto romanesco; e rileggendolo più tardi il Belli doveva di certo sentirsi rizzare i capelli.]
  5. [Per non esserci, non essendoci.]
  6. [O de pajja o de fieno, basta er corpo sii pieno. Proverbio.]
  7. [Scesa.]
  8. [Il bel-zitello: il bellimbusto.]
  9. 9,0 9,1 [Credo che questi due stornelli siano realmente popolari.]