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66 | Sonetti del 1830 |
11 Rovesciò. 12 Versò. 13 [Unico rimedio, in questo terribile caso del sale versato, è di buttarsene subito un pizzico dietro le spalle!]
L’OSTE A SSU’ FIJJA.1
2.
Povera ggente! Uhm! pònno chiude2 casa,
Si3 ssopra scià4 cantato la sciovetta:5
Se6 pònno aspettà ppuro7 una saetta,
Come si ffussi8 un osso de sceràsa.9
Nun lo vedi quer cane com’annasa?10
Che seggn’è? la commare11 che tt’aspetta.
E nnun zo’12 cciarle: che ggià gglieri a Bbetta13
J’ha sparato14 la frebbe,15 e jj’ è arimasa.16
Eh ssi a mméttese17 addosso a ’na famijja
Viè la sciangherangà,18 bz,19 bbona notte:
Sce fiòccheno20 li guai co’ la mantijja.21
Mo vva a mmale un barile, oggi una bbotte,
Domani la cantina; e vvia via, fijja,
Pe’ sta strada che cqui tte va’ a ffà fótte.22
- ↑ [Questo sonetto non ha data; ma porta il numero 2, è scritto dietro al precedente, e benchè con titolo diverso, tratta la stessa materia. Nessun dubbio, dunque, che sia legato con esso.]
- ↑ Chiudere.
- ↑ Se.
- ↑ Ci ha.
- ↑ Civetta.
- ↑ Si.
- ↑ Pure.
- ↑ Se fosse.
- ↑ [Un nocciolo] di ciliegia: [una cosa comunissima.]
- ↑ [Annusa.]
- ↑ La morte. [In Maremma chiamano comare la febbra intermittente.]
- ↑ Non sono.
- ↑ Ieri a Elisabetta.
- ↑ L’[gli] è scoppiata.
- ↑ Febbre.
- ↑ L’[gli] è rimasta, le dura.
- ↑ A mettersi.
- ↑ Viene la sventura.
- ↑ Il suono d’un bacio che i Romaneschi si danno sull’estremità delle cinque dita raccolte insieme, per esprimere non esserci più rimedio.
- ↑ Ci fioccano.
- ↑ Guai solenni..
- ↑ Vai in rovina.