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Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/554

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242 Sonetti del 1831

PRIMO, BBATTESIMO.

     Sentenno1 a Roma chiacchierà un ciarlone,
E ddì oggnisempre quarche ccosa ssciocca,
Sémo soliti a ddì: cquesto òpre bbocca
E jje dà fiato poi come ar pallone.

     Ma sta bbocca e sto fiato è un paragone
Da méttelo2 a ddormì ssott’a la bbiòcca,3
Ché a nnoi sce tocca a rrispettà, sce tocca,
Le cose de la nostra riliggione.

     E nun zo’ affari de scipoll’e bbieta:4
Mé ne so’ accorto glieri5 si6 è ppeccato,
In ner fà battezzà la fia7 de Tèta:8

     Perché pprima dell’acqua dà er curato
Sale, ojjo e sputo; e cquanno ha dditto: “Féta,„9
Òpre bbocca lui puro e jje dà ffiato.

6 dicembre 1831.

  1. Sentendo.
  2. Metterlo.
  3. Cioè: “da farlo maturare.„
  4. Affari da nulla.
  5. Ieri.
  6. Se.
  7. Figlia.
  8. [Teresa.]
  9. Effata. — NB. che féta (che a Roma viene da fetare, far l’uovo) vale: “sii feconda, fa’ figli.„