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Sonetti del 1832 245


     2 ma stampato dopo due altri del 14 e 16 febb. 1830, coi quali è legato.] *[A colpo sicuro: immancabilmente.]      4 Scherzo romanesco per dire che cose belle!, inserito qui tanto per vilipendio del soggetto principale, qnanto per modo di beffe della onunzia de’ forestieri. — —

UN ANTRO VITTURINO

     M’aricconta mi’ padre che l’Ingresi
C’ar zu’ tempo a li stati papalini
Ce vienivano a ffà li milordini,1
Spenneveno da prencipi Bborghesi.2

     Ma bbisogna che mmó cquelli paesi
Abbino dato fonno a li cuadrini,
Perchè mmó sse la passeno a llustrini,3
E bbiastìmeno4 poi d’avélli spesi.

     Io m’aricordo sempre, m’aricordo,
D’uno che mme maggnò la bbonamano,5
E ppiù strillavo ppiù fasceva er zordo.

     Io je disse però dda bbon romano:
“Accidentacci in faccia ar zor Milordo
Ch’è sbarcato a la chiavica de Fiano.„6


Roma, 14 dicembre 1832


  1. Dalla parola mylord è derivato in Roma il vocabolo di milordo o milordino, in significazione di “uomo azzimato.„
  2. Per dinotare ricchezze e splendidezza, il volgo introduce sempre il paragone della famiglia principesca dei Borghese.
  3. Mezzi paoli d’argento.
  4. Bestemmiano.
  5. Soprappiù del prezzo di nolo, che i vetturini non mancano mai di pretendere, né mai di riputar sufficiente.
  6. Cloaca che sembra un portone, patente nel bel cuore del Corso romano, intorno al palazzo degli Ottoboni Duchi di Fiano, prossima però adesso a scomparire, mercé la nuova livellazione già incominciata di quella via.