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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/211

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Sonetti del 1834 201


ER CAVAJJERE.

     La mi’ difficortà nnun sta ssur detto
“Omo a ccavallo sepportura uperta.„[1]
Questo ar monno lo sa ppuro[2] Ciscétto[3]
Che pproverbio vò ddì rregola-scèrta.[4]

     Intennevo[5] sortanto ch’er giacchetto[6]
Diede seggno de mente poco asperta,[7]
Ner riccontà che cquer polletro[8] in Ghetto
Bbuttò ggiù lo scozzone de Caserta.[9]

     Ecco le su’ parole vere vere:
“Er polletro, llì ar Ghetto de la Rua,[10]
Fesce dà un crist’in terra[11] ar cavajjere.„

     S’ha da ingozzà sta bbuggiarata sua?
Cavajjere a un scozzone de mestiere?
Che ccavajjere? er cavajjer dell’ua?[12]

18 marzo 1834.

  1. Proverbio.
  2. Pure.
  3. Cicetto. [Ma il significato è meglio non dirlo.]
  4. Regola certa.
  5. Intendevo.
  6. Questo vocabolo corrisponde al jockey degl’inglesi, colla sola differenza che presso di noi il giacchetto è per lo più impiegato in soli servizi domestici.
  7. Esperta.
  8. Puledro.
  9. Del Principe di Caserta.
  10. Il Ghetto della Rua. La porta principale del Ghetto degli Ebrei.
  11. Dare un cristo in terra: cadere di tutto peso.
  12. Ua: uva. Qui sta per “zero, nulla.„