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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/334

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324 Sonetti del 1834


ER TUMURTO.

     Ch’è stato? uh quanta ggente! E cch’è ssuccesso?
Guarda, guarda che ffolla ar Conzolato![1]
Volémo dì cche cc’è cquarch’ammazzato?
No, ssarà un ladro co’ li sbirri appresso.

     Pò èsse fórzi[2] che sse sii incenniato...
Ma nnun ze vede fume. O ssii ’n ossesso?
Ah, nnemmanco, pe’ vvia ch’ar temp’istesso
Tutti guarden’in zu.[3] Dunque ch’è stato?

     S’arivòrteno[4] mo ttutti a mman destra...
Vedi, arzeno le mane.[5] Oh! ffussi un matto
Che sse vojji bbuttà da la finestra!

     Rideno!... Oh ccristo! je viènghi la rabbia!
Nu’ lo vedi ch’edè?[6] Ttutto er gran fatto
È un canario scappato da ’na gabbia.

24 aprile 1834.

  1. Via del Consolato.
  2. Può essere forse.
  3. Guardano in su.
  4. Si rivoltano.
  5. Alzano le mani.
  6. Che è: cosa è.