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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/426

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416 Sonetti del 1834


ER CARDINAL CAMANNOLÉSE.1

1.

     Quer bon zervo de Ddio, ch’ha la figura
D’un vesscigon2 de strutto inzanguinato
O un zacco de farina siggillato
Co’ la scera de Spaggna3 all’upertura;

     Inzomma, quer zor Prascido4 garbato,
Che ssenza avé ddormito in prelatura
Sartò5 er convento e sse6 trovò addrittura
Ar penurtimo zompo7 der Papato;

     Vònno che in grazzia de li sei fiaschetti
Che sse succhia8 oggni ggiorno da uniscianni9
Come bbeveratori10 d’uscelletti,

     Sii morto d’accidente a l’improviso.
E ssi11 ffussi bbuscìa?12 Dio jje ne manni,13
Pe ccressce14 un antro Santo in paradiso.

17 ottobre 1834


  1. [Camaldolese.]
  2. [Vescicone.]
  3. [Ceralacca.]x
  4. Placido Zurla.
  5. Saltò
  6. Si.
  7. Salto. [Perchè di semplice Abate che era della Congregazione Camaldolese e Prefetto degli Studi nel Collegio Urbano di Propaganda, fu "improvvisamente„ creato cardinale. V. il Diario di Roma, 5 novembre 1834.]
  8. Si succia.
  9. Da undici anni. Ebbe il cappello da Pio VII, il 16 maggio 1823.
  10. [Come se fossero abbeveratoi ecc.]
  11. Se.
  12. Bugia. [Infatti, non era ancor morto. Mori il 29 ottobre, dopo "breve ma irrimediabile malattia,„ in Palermo, dove si era recato per visitar la Sicilia. V. il cit. Diario.]
  13. Gliene mandi.
  14. Per crescere.