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Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu/437

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Sonetti del 1836 427

UNA SCIAVATTA.[1]

     Eppuro,[2] voi che ffate tanto er dotto
E ssapete de lettra e de latino,
Che ssete[3] er brodoquamqua[4] de Pasquino
E avete letto er libbro che ttiè ssotto;[5]

     Voi che ddate li nummeri p’er lotto
Co’ cquer po’ de cacchetta[6] d’indovino;
Voi che ppe’ cquanto è llongo er Babbuino[7]
Ve chiàmeno er zor chicchera cór bòtto;[8]

     Ve farò vvede che sséte[9] una crapa,[10]
E cche a llodavve[11] er popolo v’adula.
Come se[12] chiama la scarpa der Papa?

     Ahàa, ssor pichimèo,[13] nu’ lo sapete?
Ve lo diremo noi. Se chiama mula.[14]
E pperché mmula? Perché er Papa è un prete.

26 marzo 1836.

  1. Una ciabatta.
  2. Eppure.
  3. Siete.
  4. Il protoquamquam.
  5. A chi dimandi molti perchè si suol rispondere il libro dei perchè stare sotto il cul di Pasquino.
  6. Arroganza.
  7. La contrada del Babuino.
  8. [Presuntuoso co’ fiocchi. Cfr. la nota 1 del sonetto: Er ringrazziamento ecc., 22 dic. 32.]
  9. Siete.
  10. Una capra, uno stolido.
  11. A lodarvi.
  12. Si.
  13. Signor pigmeo.
  14. [Mula, per pantofola, s’incontra in qualche scrittore italiano; e mule, per pantoufle, usano i Francesi. Ma che la pantofola del Papa si chiami più specialmente mula, è un mero scherzo del Belli.]