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Sonetti del 1838 141

dopo? Iddio avrebbe conceduto il tempo a costoro; non era ne’ suoi disegni precipitare quelle anime nel luogo dove il dogma cattolico vede morta ogni speranza di perdono; ed era il Papa, il quale correggendo la divina clemenza, gli gettava inesorabilmente nell’abisso de’ reprobi! Se qualche cosa potesse far impressione sugli uomini di partito, sembra che casi simili non dovrebbero passare inosservati: sembra che dovrebbero svegliare negli interessati, almeno il dubbio che qualche cosa vi fosse da modificare nel complicato organismo della Chiesa romana. Ma la negazione della verità conosciuta è stata sempre una delle armi più familiari all’egoismo, e non è sperabile che esso la voglia gettare oggi per farci piacere.„ I Miei Bicordi, cap. XXVI.]

LA CARAMAGGNÒLA D'ARGENTINA1

     Zio, prima che ppijjate li bbijjetti
Dite un po’, cche vvò ddì ccaramaggnola?
Quanto sei sscemo! Vò ddì ccamisciola,2
Corpetto-co-le-maniche a ddu’ petti.„ —

     E ccome se po’ ffà3 cco li corpetti
A ffacce4 le commedie, eh zio? — Bbestiola!
Se fa ccome se fa cco’ ’na parola
A ffàcce le canzone e li sonetti. —

     Ma ddunque sta commedia sarà bbella?
Sarà bbella sicuro, fijjo mio.
E cce rèscita puro5 Purcinella?

     Nò, ccredo che cce resciti Arlecchino.
Armeno Nicolò cce l’ho llett’io,
E cce disceva puro5> piccinino.6

29 gennaio 1838

  1. di Alessandro Manzoni, dato nel teatro di Torre-Argentina da Luigi Domeniconi. [Pare che non avesse un gran successo, poichè non ne parlano né il Chigi, che nel cit. Diario si occupa di tutti gli spettacoli pubblici, né Giacomo Ferretti, che nelle Notizie del Giorno faceva la rassegna teatrale. Il Ferretti parla bensì della “sublime„ tragedia, Alfredo il Grande, del “dotto e ben noto Scrittore romano„ G. B. Marsuzi, che si replicò per tre sere (Notiz. cit., 18 genn. 38): sublimità, dottrina, notorietà e repliche, che ognun vede come la posterità vada approvando. Al Belli tuttavia il Carmagnola del corifeo del romanticismo parve un capolavoro, almeno a giudicarne da quest’altro sonetto, diretto al Domeniconi il 30 gennaio:

         Gli alti sensi e le belliche fortune
    Di lui che prima insidiato in corte
    Della biscia d’Insubria ebbe poi morte
    Dal superbo leon delle lagune;

         Il vil sospetto e l’arti arcane e torte
    Delle dieci alme di pietà digiune,
    E il tradimento da vendetta immune
    E l’angoscia del padre e del consorte:

         Tanto nel suo Signor di Carmagnola
    Fidò a pagine eterne Italo vero,
    Lo cui gran nome per la terra vola.

         E tu ardito, o Luigi, e tu primiero
    Ce lo scolpisti in sen colla parola
    Tutta contemperata al suo pensiero.]

  2. ["Giacchetta„ (V. però la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32); perchè il popolano confonde Carmagnola con la carmagnole dei rivoluzionari francesi.]
  3. Si può fare.
  4. Farci.
  5. 5,0 5,1 Pure.
  6. Il condottiero Nicolò Piccinino. E il figlio di Arlecchino chiamasi Nicolò piccinino, benchè talvolta Nicolò mezza-camisa.