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Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu/171

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Sonetti del 1839 161

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     Questo ggià lo sapémio dar decane2
Che jjeri sposò er préncipe Turlòni,3
Quer prencipe che spenne li mijjoni
Pe’ assiste er poverello e ddàjje pane.

     Sippoi stanotte, pe’ ddiesciora sane,4
Senza la vesta e ssenza li carzoni,
Li du’ sposetti siino stati bboni
Lo sa Iddio bbenedetto e le zampane.5

     La cosa nun è llisscia: io pe’ mmé ttremo
Che cquarche gguaio ce dev’èsse nato,
E che ppresto diranno: “In quanti sémo?„

     Ar bervedé cc’è ppoco, sor curato.
In cap’ a nnove mesi lo vedémo.
Dar brodo se conossce lo stufato.

17 luglio 1840.

  1. [Senza titolo.]
  2. [Lo sapevamo dal decano, cioè, in questo caso, “dal decano de’ servitori di casa Torlonia.„]
  3. [Il matrimonio di don Alessandro Torlonia con la principessa Teresa Colonna di Avella seguì infatti il 16 luglio 1840.]
  4. [Per dieci ore intere.]
  5. [Chiamno così le “zanzare,„ perchè ci annettono l’idea di zampe. V. su questo curioso equivoco il sonetto, intitolato appunto: Le zzampane, 2 apr. 46.]