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Sonetti del 1837 | 65 |
LI DILETTANTI DEL LOTTO.
1.
Ma cch’asstrazzione!1 arrabbieli! saette!
Guasi sce ggiurerìa2 che sto scontento3
O le mi’ palle nu’ le mette drento,
O cche le sa scanzà ssi cce le mette.
Giuco da un anno due, tre e ottantasette,
Co la promessa amb’uno e terno scento:4
Ciaffògo5 sempre er mi’ lustrin6 d’argento;
E cquanno sémo llì nnun vinco un ette.
Quattro nummeri drent’a la ventina!
Eppoi nun dite so’ ccose accordate!
Dar capo viè la tiggna,7 Caterina.
Ecchele cqua: ccinquantadu’ ggiucate
Senza un nummero. Eppuro la cartina
Cór terno scritto me la diede er frate!8
23Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte febbraio 1837.
- ↑ Che estrazione!
- ↑ Ci giurerei.
- ↑ [Sgarbato, malcreato.]
- ↑ La promessa è la indicazione che si fa sulla schedola della giuocata, della cifra della vincita corrispondente al valor della posta. Ambo uno promette uno scudo: terno cento promette cento scudi: ma v’è poi l’augumento del venti per cento agli ambi e dell’ottanta ai terni.
- ↑ Ci affogo.
- ↑ Mezzo paolo. [Cioè, poco più di venticinque centesimi.]
- ↑ Proverbio.
- ↑ I frati, massimamente i francescani mendicanti, hanno grande riputazione di maghi.