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90 Sonetti del 1831

altare che abbia codesto privilegio, manda subito dal purgatorio in paradiso l’anima a cui si applica, se Dio non creda di mandarcene un’altra in sua vece. Cfr. il sonetto: L’entrat’e usscita ecc., 14 mar. 46.]      5 [Così si chiamavano quelli d’oro purissimo, coniati nell’antica zecca di Roma, e che per esser privi di lega, si piegavano e si torcevano con somma facilità.]      6 [Giova più di diesire e responsorio. Il nome diasilla è preso dal secondo emistichio: “Dies irae, dies illa.„]      7 [Amica, cara, ecc.]      8 [Sollecitamente.]




PRIMO, NUN PIJJA ER NOME DE DDIO INVANO.1

     Bbada, nun biastimà, Ppippo, chè Iddio
È omo da risponne pe’ le rime.
Ma che ggusto sce trovi a ste biastime?
4Hai l’anima de turco o dde ggiudio?

     C’è bbisoggno de curre in zu le prime
A attaccà cór pettristo e cór pebbio?2
Chi a sto monno ha ggiudizzio, Pippo mio,
8Pijja li cacchi e lassa stà le scime.n3

     Poi, sce so’ ttante bbelle parolacce!
Di’ cc...., ffr....., bbuggera, co.....;
11Ma cco Ddio vacce cór bemollo,n4 vacce.

     Ché ssi lleva a la madre li carzoni,n5
E jje se sciojje er nodo a le legacce, n6
14Te sbaratta li moccolin7 in carboni.

Roma, 12 novembre 1831.


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  1. [Veramente non è il primo, ma il secondo comandamento di Dio. La forma però, che ne’ catechismi recenti è: Non nominare il nome di Dio in vano, ne’ vecchi è: Non pigliare ecc.]
  2. Equivalenti per chi vuole e non vuole bestemmiare.