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Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu/225

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Sonetti del 1833 215

LA SCHIZZIGGNOSA.[1]

     Io te sto ssempre appresso, e ttu, Ggiascinta,
M’arivorti[2] le spalle, e ffai la tonta.[3]
Tu ddichi ch’io so’ bbirbo; e ttu ssei finta;
Chi è ppiù bbirbo de noi? famo la conta.[4]

     Tu ssei la bbirba, fijja, e dde che ttinta,[5]
Ché vvedènnome[6] in callo[7] pe’ la monta,
E nnun volenno[8] mai dàmmela[9] vinta,
Ciài[10] sempre a mmano cuarche scusa pronta.

     Un giorno è lla Madonna de l’Assunta:
Un antro[11] hai sonno, e sso’[12] bbuscìe de pianta:
Un antro er coso mio tiè ttroppa punta.

     Mo ssei zitella! Ahù,[13] “Ffiore de menta,
Cuanno vierà cquela ggiornata santa
Ch’er prete ve dirà: Ssete contenta?[14]

Roma, 10 febbraio 1833.

  1. La schizzinosa.
  2. Mi rivolti.
  3. Stupida.
  4. [Facciamo al conto, che è quanto dire: “rimettiamo la decisione alla sorte, la differenza tra noi essendo impercettibile., Modo comunissimo. Chi è ppiù lladro de lòro dua? — Eh, pònno fà la conta.]
  5. E di qual peso! e di che grado!, ecc.
  6. Vedendomi.
  7. Caldo.
  8. Volendo.
  9. Darmela.
  10. Ci hai: hai.
  11. Altro.
  12. Sono.
  13. [Vergine. V. in questo volume la nota 1 del sonetto: Er zitellesimo, 28 genn. 32.] Il seguente è un ritornello. Vedi [in questo volume] il sonetto... [L’ammalata, 22 nov. 32, nota 8].
  14. Siete contenta? Formula di interrogazione che fa il sacerdote negli sponsali.