Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu/332

Da Wikisource.
322 Er còllera mòribbus


16.

     Che bbisoggno sc’è ppoi de Scimiteri
Pe’ sseppellì? So’ ttutt’erba bbettonica,1
Oggniquarvorta è aritornato jjeri
Quer Fra Bbennardo che gguarì la monica.2

     Nun zai3 che llui co la su’ bbrava tonica
Se n’è ito a ddì ar Papa che nun speri
D’empilli,4 e tte j’ha ffatto una canonica5
Perché sse sta a ppijjà6 ttanti penzieri?

     Lui sce ggiura e spergiura ch’er collèra,
Fin che sta a Rroma lui sc’è ttropp’ostacolo
Che cc’entri, e l’aspettallo7 è una ghimera.8

     E, a la peggio che ssia, su’ riverenza
Metterà mmano a un pezzo de miracolo
Pe ffàllo9 aritornà vvia de fughenza.10

21 agosto 1835


  1. [Son tutti rimedi inutili. Perchè le tante virtù che un tempo i medici attribuivano a quest' erba, si riconobbe poi che erano quasi tutte immaginarie. L'altra frase, usata anche nell'Umbria, in Toscana e forse in tutta Italia: più noto, più famoso della bettonica, sta ad attestare il largo uso che se ne faceva.]
  2. La monaca, che si disse da lui miracolosamente guarita da una cronica e mortale afagia, mercé l’ingollamento di un bicchier d’acqua con un pezzo di pane ivi immerso, fu suor Maria Beatrice di S. Carlo Borromeo delle perpetue adoratrici del Sacramento, già al secolo Flaminia Belli e sorella di un G. G. Belli che s’impaccia di scriver versi italiani ad un tempo stesso e non italiani.
  3. Non sai.
  4. Di empirli.
  5. Intemerata.
  6. Si sta a prendere.
  7. L’aspettarlo.
  8. Chimera.
  9. Per farlo.
  10. Di fuga.