Pagina:Sotto il velame.djvu/106

Da Wikisource.
84 sotto il velame

rami sono infranti. È aperta e non si può più chiudere.1 Chi la spalancò, rompendone i serrami, fu il Cristo redentore. Virgilio lo vide. Egli era da poco nel limbo, quando ci vide venire2

                                             un possente
               con segno di vittoria incoronato.

I caduti dal cielo avevano negato il passo: egli aveva rotto i serrami. Ed era entrato e aveva passato l’Acheronte. Quelli che in lui venturo avevano creduto, furono liberi. E libero d’allora in poi fu il volere, e si riaprì la fonte del meritare. Poco prima della morte del Cristo, avvenne un terremoto, per il quale si fecero riversi nell’inferno.3 Poco dopo la porta si apriva. E aperta rimase.

Che fu la morte del Cristo? L’abbiamo già visto: fu il nostro battesimo. Nella sua morte noi siamo battezzati. Noi morimmo alla morte o al peccato, nella morte di lui. E così si può dire, al peccato e alla morte generalmente; e non al peccato originale; perchè prima di quell’ultimo alito del Dio uomo, alito preceduto da riversi nell’inferno e seguito dalla rottura della porta, prima di quell’ultimo alito il peccato originale era il peccato. Era il peccato che conduceva a tutti i peccati e tutti virtualmente li conteneva e contiene.4 Dante esprime questo pensamento, dicendo che i patriarchi e tutti quelli del limbo, erano allora preda di Dite; il quale, dopo, non dominò sin lassù, ma soltanto in quella città che ha appunto nome Dite5 da lui. Esso Dite, a simiglianza di Dio,

  1. Inf. VIII 125 segg.
  2. Inf. IV 52 segg.
  3. Inf. XII 37 segg.
  4. Concetto comune. Vedi Summa 1a 2ae 82, 2.
  5. Cfr. Inf. XII 39 e VIII 68 e segg.