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esse anche, per esempio, questa: che ella non ha freno al suo corso, ossia che è incontinenza. Ma un particolare intorno ad essa è tale da non ammettere se non una spiegazione ragionevole. Eccola. Dante1

                      aveva una corda intorno cinta,
               e con essa pensò alcuna volta
               prender la lonza alla pelle dipinta.

Or questa corda è più probabilmente il cingolo della castità, o più genericamente la continenza. E la continenza non è il contrario di qualsivoglia vizio o peccato, ma di soli quelli che vengono da un naturale émpito, da un soverchio amore del bene; di soli quelli che sono proprii dell’appetito, il quale, come ha bisogno di sprone, così, e più, ha bisogno di freno. E quella corda è quel freno.2 E un altro particolare intorno ad essa non è spiegabile se non in un modo: quello della cagione che aveva Dante a bene sperare. Qual era? “L’ora del tempo e la dolce stagione„. L’unica spiegazione ragionevole è quella che Dante stesso ne dà. Invero egli fa cantare a certi fitti nel fango:3

                                             Tristi fummo
               nell’aer dolce che del sol s’allegra
               . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
               or ci attristiam nella belletta negra.

Per pena, cioè, di essere stati tristi nell’aer dolce, rallegrato dal sole, ora ci attristiamo nella melma,

  1. Inf XVI 106 segg.
  2. Tra l’altro, vedi Summa 1a 2ae 102, 5: renes autem accingendi sunt cingulo castitatis.
  3. Inf. VII 121 segg.