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tenuta la concupiscenza, il diavolo avrebbe mentito, mal consigliato, adulato, tentato di sedurre e di barattare e di scindere, invano; si sarebbe invano coperto di pelle dipinta, invano si sarebbe convertito in serpente.1 Senza, dunque, quel dissolvimento, il diavolo non avrebbe fatta sua preda. E fu un dissolvimento. Che non era, avanti il peccato, quella battaglia della carne contro lo spirito, della legge del peccato contro la legge dello spirito, nella qual battaglia vince chi trae prigioniero l’avversario;2 non era, avanti quel peccato, quella conseguente disobbedienza delle membra che fu il gastigo della disobbedienza dei primi parenti e dei loro eredi;3 quella disobbedienza della carne che non era in loro, poichè la carne obbediva alla mente, e disubbidì soltanto, la serva alla sua signora, quando quest’ultima disubbidì a Dio.4 La carne prima era serva, le membra ubbidivano, la legge del peccato era prigioniera. Sono imagini comuni. E la corda ai lombi, se altre cose può significare, questa sopra tutte significa, l’obbedienza o il freno della carne e della concupiscenza, la servitù di essa, la vittoria su essa. Or, nel cenno di Virgilio e nel salir su, della sozza imagine di froda, non è esemplato questo primo dramma umano? che il diavolo fece sua preda dell’uomo, perchè questi si tolse quel freno, liberò quella schiava, mutò

  1. I dieci peccati di Malebolge, a cui conduce Gerione, si trovano tutti nella tentazione del serpente.
  2. Trovo inutile arrecare testimonianze di questi concetti che ognun conosce, e di cui sono gremite le pagine dei padri e dei dottori. Tuttavia si veda, per un esempio, Aug. Op. Imp. contra Iul. VI 14.
  3. Vedi, p. es., Aug. contra dua epist. Pel. I 30.
  4. Aug. de pecc. mer. et rem. II 36.