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Pagina:Sotto il velame.djvu/165

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le tre fiere 143

quell’obbedire della carne e quel dominare della mente?

E il diavolo rappresenta il peccato. E Gerione è imagine di froda. E froda è malizia di cui ingiuria è il fine. Ebbene, il suo salir su al vedere gettata la corda, significherà che, in quel primo peccato, col disubbidir della carne, ebbe luogo una colpa di questa malizia che ha per fine l’ingiuria, una colpa d’ingiustizia. È ciò torna perfettamente. Adamo “tra le delizie del paradiso non volle osservare giustizia„1 e perciò la sua carne divenne carne del peccato.

Dal suo peccato derivò in lui e ne’ suoi figli quella lotta per la quale la mente o la ragione cercò di riassoggettare e riprendere la carne ribelle e fuggita dall’obbedienza e dalla servitù. Diceva S. Paolo:2 “Vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente, e che mi fa prigione (captivantem) nella legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice!...„. La carne combatte contro lo spirito. Chi vincerà? Se l’uomo non riesce a frenar quella, essa assoggetterà lo spirito che deve essere suo padrone. Dal peccato della carne nascerà il peccato dello spirito; dalla corruzione carnale la corruzione spirituale. E questo ha voluto dir Dante, io penso. Ed è concetto esattissimo. La concupiscenza, viziata dal peccato dei primi parenti, trasmette nella prole il peccato originale; ed è quella libido per la quale l’appetito sensitivo non si contiene sotto la ragione: è l’incontinenza, insomma; questa conduce a peggior male.3 Nè occorre, credo,

  1. id. ib. 55. E altrove.
  2. ad Rom. 7, 23.
  3. Summa, passim: p. es. 1a 2ae 82, 4.