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Ma nel terzo girone sono i violenti o bestiali contro Dio. Rei d’ira anche questi? Sì: e solo con intendere la violenza o bestialità per ira, si vede un nesso tra i peccatori del terzo e quelli degli altri due gironi. Invero diciamoli senz’altro violenti contro Dio, tali, con l’esempio di Capaneo, che volessero fare forza a Giove. In che Capaneo differisce dai giganti legati? Non si direbbe anzi che violenti fossero più presto coloro che menarono le braccia facendo “paura ai dei„?1 Quando noi invece consideriamo che l’uno era dominato dall’ira, da quel peccato semiferino, e che gli altri, no, mettevano, contro gli dei, con la possa e il mal volere anche l’argomento della mente, e così o fabbricavano una torre o ingegnavano una battaglia coi suoi accorgimenti oltre che co’ suoi èmpiti e assalti; allora comprendiamo. Capaneo è peccator d’ira, e l’ira gli resta a sua pena. Già abbiamo veduto che Seneca parla d’un’ira “veemente e sprezzatrice di dei e d’uomini„.2 Egli riferisce il fatto d’un Capaneo vero, fatto che mi pare impossibile non fosse conosciuto dal nostro. “Gaio Cesare... adirato col cielo, perchè i tuoni disturbavano i pantomimi... e perchè la sua festa era atterrita da fulmini (invero poco ben diretti!), sfidò a battaglia Giove, e senza quartiere, pronuziando quel verso Omerico: O tu me o io te. Quanta demenza! Egli credè o che nemmeno Giove poteva nuocere a lui o che esso persino a Giove poteva nuocere!„.3 E codesta di Caligola è ira. Ira, per altro, che sembrerebbe avere un che di grande. Ma no, dice l’autore: non è grandezza quella,

  1. Inf. XXXI 95 seg.
  2. De ira I 2, 1.
  3. ib. 20, 8.