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l'altro viaggio | 425 |
regina Proserpina. Enea non entra nè nel Tartaro nè in Dite; ma, per un facile abbaglio suggerito dal gran comento antico, Dante poteva supporlo: a ogni modo egli entra; ed entra per la virtù d’un Messo, il quale per certi interpreti sarebbe il Cristo o un angelo, ma che è certo certissimo Enea medesimo, Enea che torna a vedere, come la Sibilla aveva profetato, Stige e il Tartaro e Dite, Enea che torna col ramo a foggia d’y, la cui branca sinistra è dei vizi e la destra della virtù; come il viaggio di Dante è verso Lucifero a sinistra e verso Dio a destra. Come potrebbe mancare Enea in questa Eneida seconda, nella quale Virgilio è maestro e autore, nella quale Enea è nominato sul bel principio come esempio? E Dante vede sugli spaldi le Furie.[1] E Dante vede entro Dite, ciò che Enea sentì raccontare dalla Sibilla che si vede entro il Tartaro: un suo Salmoneo, ch’egli rende per Capaneo, seguendo Stazio; fraudolenti, fratricidi, parricidi, giganti.[2] Dopo tutta questa visione, his... exactis,[3] dove si trova Enea? dove Dante? Riassumiamo il tutto: l’uno e l’altro si trovano tra cantici; qua peani, là preghiere; ed Enea subito, e Dante dopo una lunga ascesa, vedono una regione di beatitudine e di pace: i campi Elisi, il paradiso terrestre. E il primo ha la visione (dopo essere salito su un giogo di monte)[4] delle vicende future di Roma, e il secondo, una visione anch’esso delle future vicende della Chiesa e dell’Impero: di Roma. Sin qui Dante è stato Enea e poi sarà Paolo.
Eppure, facendo ciò che Enea, e condotto da
- ↑ Inf. IX 37 segg.
- ↑ Aen. VI 585, 608 sq. 595 sqq. 580 sqq.
- ↑ ib. 637.
- ↑ ib. 676.